uesta volta non mi sono sbagliata: c’è Andrea al di là del cancello, premo il pulsante per aprirlo e inizio a fare il conto alla rovescia: dieci, nove, otto, sette. Al sei, però, l’istinto mi suggerisce di voltarmi per controllare dove sia Davide: è dietro di me, ha ripreso il cappotto che ora tiene sotto il braccio e non serve che gli annunci chi sta entrando da quella porta, mi basterà aprirla. Adesso.
“Ciao Andrea, accomodati.”
Fa un paio di passi avanti, Olivia la vede e va a salutarla. Mi stupisco che si ricordi di lei, peccato che sia Andrea a non considerarla nemmeno. È più interessata al mio ex marito — che, probabilmente, è ancora dietro di me con il cappotto sotto il braccio — piuttosto che al bellissimo esemplare di chihuahua biondo a pelo lungo.
Andrea non è solo sorpresa, sembra estasiata dalla sua presenza, seppure noti un filo di preoccupazione sul suo volto.
“Ciao.” bisbiglia lei.
“Ciao.” mormora lui.
Mi volto, guardo Davide. Anche lui mi dà l’idea di essere un filino preoccupato.
E quando lo vedo spostare lo sguardo su Andrea, non posso dire vedere la stessa estasi con qui lo guarda lei, ma non sembra dispiaciuto.
“Come mai sei qui?” gli chiede.
Pensa: è la stessa domanda che gli ho fatto io.
“Sofia ha dimenticato il suo peluche in macchina e sono passato a portarglielo.”
Fantastico: vuole svignarsela e lasciarmi con questa a risolvere i suoi casini sentimentali? Eh no bello, non vai da nessuna parte. Nonostante l’idea di assistere a una loro discussione mi imbarazzi, se non ricordo male, una volta ho origliato per ascoltare le loro vicende private e il mio sadismo si è proprio divertito. E poi a cosa servirebbe rimandare? Devo mettermi nell’ottica che questo chiarimento tra loro è necessario, e se devo essere presente, prego almeno che il Signore veda anche questa come una buona azione e che possa quindi premiarmi assegnandomi una colf 24 carati come Dio comanda.
“Okay: sediamoci!” dico io lasciandoli probabilmente basiti.
Sono la prima a raggiungere il divano, seguita da Olivia, e da questa probabile coppia che non capisco se è scoppiata oppure no. C’è solo una cosa che non mi torna: perché Andrea al telefono sembrava così preoccupata e ora invece, sprizza gioia da tutti i pori?
Ho l’impressione che il suo cambio di rotta sia motivato da due ragioni. La prima: per compiacere l’uomo che adesso è in mezzo a noi. La seconda: per rivendicare una sorta di possesso nei confronti dello stesso.
“Ragazzi, dovrei lavorare e credo sia meglio arrivare a un dunque: è chiaro che siete qui per chiarire una situazione, ma non credo di essere la persona giusta con cui discuterne.”
“Era questo di cui volevo parlarti.” bisbiglia Davide avvicinandosi a me.
Cosa sta succedendo?
“Sei sicura di non poterci aiutare?” chiede lei.
“Come?” dico scuotendo la testa.
Non voglio essere il loro terapista. Osservo i loro sguardi come se stessi assistendo a uno scambio di battute a cui cerco di dare un senso, ma non ci riesco. Vorrei solo che uno dei due iniziasse a parlare.
“Io e Andrea ci siamo rimessi insieme.”
È Davide a rompere il ghiaccio, l’informazione mi spiazza.
“Ci abbiamo ripensato. E poi, ecco…” aggiunge titubante.
C’è dell’altro.
“Non glielo hai detto?” interviene Andrea rivolgendosi a lui. “Mi avevi detto di sì…”
“Stavo per farlo.”
Il volto della Lego Friends avvampa a quello che suona come un rimprovero per aver interrotto qualcosa. Si ammutolisce e lascia finire.
“Era questa la cosa importante di cui volevo parlarti, ma avrei preferito trovare un modo più carino per informarti che io e Andrea aspettiamo un bambino.”
Ora posso dire che la mia curiosità è soddisfatta, ma non definirei la sottoscritta con lo stesso aggettivo.
Se dovessi sceglierne uno? Scioccata.
Anzi no, sconvolta, meglio: allucinata.
Lei lo ha tradito, lui le ha chiaramente detto che era finita… non capisco.
Continuano a guardarmi entrambi aspettando che dica qualcosa, ma cosa dovrei fare? Congratularmi?
Penso a tutto e a niente, il mio sguardo si mette cercare un punto della casa che possa suggerirmi una battuta, ma alla fine i miei occhi si fermano sul viso di Davide, che sembra essere più imbarazzato del mio.
il suo invito a cena era un pretesto per avere un incontro genitoriale, organizzato al fine di imbastire una strategia con cui informare nostra figlia che suo padre sta per diventare padre di una donna che non è sua madre, senza provocarle particolari traumi, ecco cosa voleva. Come se fosse facile.
E Andrea? Sta lì a guardarmi con l’aria soddisfatta e un sorrisetto da ebete che pare vogliano dirmi: ‘hai visto? Adesso è mio.’ Ma non darò loro la soddisfazione di mostrarmi infastidita dalla notizia, al contrario, mi fingerò entusiasta.
“Che bella notizia! A quanto pare quel ‘falso allarme’ non è stato un ‘vero falso allarme’, congratulazioni!”
“Grazie Eva.” mormora Andrea. “E il resto?” chiede rivolgendosi a lui.
Che altro c’è?
Mi volto verso Davide per scoprirlo: non ci giurerei, ma mi sembra di averlo appena visto imprecare contro il cielo.
“Sì… di quest’altra cosa invece, avrei preferito non parlartene affatto, ma se Andrea ci tiene…”
“È indispensabile! Eva ascoltami: io sono ipocondriaca, e ho il terrore di ammalarmi di toxoplasmosis, nel mio stato non posso certo permettermelo, quindi, ti prego: puoi prenderti cura del nostro gatto per un po’?”
Mi sono letteralmente cadute le braccia. E non per il gatto nero che sta per entrare in casa mia — ma per quanto sia assurda questa situazione.
L’attuale compagna del mio ex marito rimane incinta dopo averlo cornificato, lui la perdona senza battere ciglio e questa si preoccupa della toxoplasmosis. Credo che se qualcuno mai avesse voglia di scrivere un romanzo sulla mia storia, sarebbe catalogato alla sezione: fantascienza.
E Fantascienza a parte, per un istante è come se mettessi in pausa la scena per capire come reagire, ma su una cosa, purtroppo, ho paura di dovermi ricredere: non è vero che la loro storia non mi interessa, non è vero che non sono affari miei. Inevitabilmente, qualsiasi cosa riguardi il padre di mia figlia riguarda anche me.
A distrarmi da quella triste considerazione sono le parole di Andrea.
“Ti prego. Si tratta solo di qualche mese.”
Rimango basita per la sua insistenza, in primis perché sta bluffando — so che vuole appiopparmi il gatto per sempre — in secundis: non si rende conto che il suo problema è l’ultimo dei miei? Mi alzo dal divano con l’aria pensierosa di chi deve rifletterci, mormorando: “devo parlarne a Sofia…”
“Lei sarà sicuramente d’accordo.” mi interrompe entusiasta.
Ma Olivia non sembra pensarla allo stesso modo, a quelle parole, scende dal divano con aria scontenta e raggiunge la cucina.
“Ti farò sapere. Se ora abbiamo finito, scusami, ma avrei da fare.”
“Oh sì! Certo.” dice alzandosi.
“Vengo anch’io” aggiunge Davide imitandola.
“No tu no. Dobbiamo parlare della gita di Sofia…”
Ha la faccia di chi cade dalle nuvole.
“La gita di maggio a Rimini.” aggiungo improvvisando.
“Vi lascio soli.” conclude lei.
Mi stupisce il suo buon senso improvviso, non potrei definirlo altrimenti. La accompagno alla porta, la saluto e torno da Davide che ho lasciato in piedi in salotto, chiedendomi da dove cominciare.
“Sai, non sono mai stata una fan della tua ragazza, ma lei, almeno, non è ricorsa allo stupido escamotage di una cena per dirmi che aspettate un bambino.”
“Volevo dirtelo in modo diverso.” ribatte.
“Certo… in un bel ristorante, davanti a un buon bicchiere di vino e al lume di una candela… e avrebbe cambiato la sostanza delle cose?” chiedo con rimprovero.
“Non avrebbe cambiato la sostanza, ma te lo avrei detto a modo mio e adesso non sarei succube dell’opinione che ti sei fatta e che non vuoi mettere in discussione perché sei arrabbiata.”
Succube? Lui?
“Senti: giusto per chiarirlo, non che mi dispiaccia che tu abbia deciso di rifarti una famiglia, ci mancherebbe.” dico cingendomi la vita con le mani, “Ciò che non mi sta bene è che il vostro tira e molla da quindicenni possa scombussolare la vita di SofIa. Andrea è dentro o fuori? Perché non mi sembri molto convinto.”
Lo penso davvero o sto solo cercando di provocarlo per accertarmene?
“Eva non è cambiato niente.” mormora sconfitto sedendosi sul divano. “Hai detto bene tu: quel falso allarme non era un vero falso allarme. La donna di cui non sono più innamorato è incinta, ma cosa dovrei fare? Lasciarla? Ora che aspetta un bambino?”
Mi sento in faccia l’espressione colpevole di chi ha tratto conclusioni affrettate e lui, che coglie la mia debolezza guardandomi negli occhi, rincara la dose. “Scusa se non sono corso a dirtelo appena l’ho saputo,” dice sarcastico, “ma non è facile neanche per me, sto cercando di metabolizzarlo.”
Vorrei rimproverarlo per non aver preso le precauzioni necessarie, ma a cosa servirebbe? Sembrerebbe la predica che una madre fa al figlio e la situazione è già abbastanza deprimente. Se non fosse che mentre sto lì a guardarlo — seppure non abbia nessuna voglia di giustificarlo — provo pena per lui.
“E a essere sincero, meglio che sia andata così, o starei ancora pensando a come dirtelo.” conclude rialzandosi mentre afferra il cappotto per andarsene.
“Non vorrei impicciarmi degli affari tuoi, ma non credi che sarebbe opportuno dirle ciò che provi?”
Perché sento il bisogno di prendere le difese di Andrea?
“Ti ringrazio per l’interessamento… ma no, non credo che sarebbe opportuno.” risponde risentito. “Vuoi che non ripeta con lei gli stessi errori che ho commesso con te?” chiede in tono provocatorio. “Be’, voglio tranquillizzarti, non c’è nulla da salvare, non c’è bisogno che chiarisca ciò che è già limpido: non siamo innamorati, lo sappiamo entrambi.”
Sono ancora combattuta: non so se il fatto che l’abbia presa così male mi rallegri o mi rattristi. Ma presumo che il desiderio di dire qualcosa che possa sollevargli il morale sia mosso più probabilmente dalla seconda ipotesi. Lui però mi anticipa incamminandosi verso l’uscita. “Mi prenderò le mie responsabilità, fine della storia, e a proposito di responsabilità, ora vado da mia madre. Forse mi ripudierà.” conclude forzatamente divertito.
“Non sei costretto a stare con lei…”
Quelle parole mi escono da sole, me le detta il cuore. Non sto prendendo le difese di Andrea, sto prendendo le sue. In questa stanza, in questo preciso istante, sento qualcosa che non saprei descrivere. È come se una forza misteriosa, proveniente da chissà dove, stesse cercando di mostrarmi il solo aspetto che conta: seppure tra noi sia finita, una parte di me — volente o no — lo amerà per sempre.
“C’è solo una donna nel mio cuore, tu la conosci bene, ed è la sola per cui varrebbe la pena seguire il tuo consiglio, ma purtroppo è impegnata.” dice aprendo la porta.
E nel suo sguardo lo vedo di nuovo: il rimorso di avermi persa.
“Forse sarebbe meglio se lo dicessi oggi a Sofia… magari puoi fermarti a pranzo…” suggerisco prima che possa andarsene.
Lui non se lo fa ripetere.
“Vado a prenderla a scuola, okay?”
“Okay, a più tardi.”
Mi ringrazia, la porta si chiude e io resto lì, pensando che, vista la chiacchierata che ci aspetta, abbiamo tutti bisogno di qualcosa di più di un semplice minestrone: mi serve un rinforzino, forse un bel tiramisù.
La mattina seguente, seduta al mio scrittoio aspettando che arrivi Maria, chiamo Michele per informarlo dell’altra casellina misteriosa del nostro albero genealogico.
“La Lego Friends lo ha incastrato.”
“Eva: ti ricordo che Davide è un uomo adulto, conosce a memoria il processo della procreazione, quindi smettila di essere anticonformista e comportati da vera ex moglie: massacra il tuo ex marito, ti farà sentire meglio.”
“Il problema non è lui, il problema è Sofia.” ribatto. “Non l’ha presa benissimo e non mi sembra il caso di infierire.”
“In che senso non l’ha presa benissimo?”
“Non era molto entusiasta all’idea di avere un marmocchio tra i piedi che le toglierà quasi sicuramente affetto e attenzioni, non smetteva di piangere, ci abbiamo messo un po’ per calmarla.”
“Mi dispiace.” mormora.
“Aspetta: perché adesso arriva la parte divertente…”
“C’è anche una parte divertente?”
“Ascolta: Sofia si è calmata solo dopo aver saputo che il gatto di Andrea si trasferirà da noi.”
“Le hai permesso di appiopparti il gatto?” chiede incredulo.
“Non potevo fare altrimenti: lei è ipocondriaca, ha paura di prendere la toxoplasmosis, cosa avrei dovuto fare?”
“C***secco… non ti offendere: ma ti stai rammollendo.” dice in tono provocatorio.
So che sta scherzando e so anche cosa stia cercando di insinuare, e infine, sembra volermelo chiarire personalmente.
“Non è che ci stai ripensando?”
“Una cosa così, detta da te mi offende: significa che non mi conosci per niente.”
“Ti ho solo fatto una domanda… la punta di collera che sento nella tua voce, però, mi fa pensare che non mi sono sbagliato.”
“Smettila di provocarmi…. Cerco solo di fare il meglio per Sofia.”
“Okay… se lo dici tu…”
“La verità è che non credo di essere pronta ad avere una famiglia allargata.”
“Nessuno è mai pronto ad avere una famiglia allargata, però potresti prendere spunto…” suggerisce divertito.
“E da chi?”
“Dai Kardashian: guarda cosa sono riusciti a fare dopo un divorzio!”
Non mi sentirei di dargli torto, ma non posso tenere il loro passo.
“Forza, coraggio,” aggiunge “se ci sono
riusciti gli altri, ci riuscirai anche tu. O almeno credo.”
“Spiritoso…. senti ora devo salutarti: sto per conoscere la mia potenziale colf 24 carati.”
“Che cosa?” chiede stupito.
“Ho deciso di assumere una colf… ora che la famiglia si sta allargando, me la merito.”
“Sono assolutamente d’accordo.
Ho controllato il mio aspetto allo specchio almeno una decina di volte. Non sono io a dover fare una buona impressione, ma le mie manie di perfezionismo mi portano allo specchio ancora una volta, e quando suona il campanello, trasalisco.
Seppure mi si sia sforzata di produrre un’immagine positiva di Maria, il sospetto di aver ingenuamente invitato a casa la Banda Bassotti continua a perseguitarmi. Mi dirigo verso il citofono e vedo una ragazza filippina dal viso innocente che si guarda attorno smarrita, aspettando che qualcuno la faccia entrare. È sola: direi che posso fidarmi.
La aspetto sulla porta tenendo in braccio Olivia. In momenti come questo, avrei preferito avere un rottweiler feroce al mio fianco, piuttosto che un chihuahua innocuo che non ha mai morso nessuno, ma sono certa che in caso di aggressione, Olivia sbranerebbe chiunque.
Speriamo che non ce ne sia bisogno.
Ad accettarmi che così sarà è il sorriso gentile di Maria che mi rassicura. La invito a entrare e le offro un caffè.
Le mostro la casa, gli oggetti a cui dovrà prestare particolare attenzione e la stanza degli ospiti, nel caso decidesse di vivere con noi. La conduco nella zona lavanderia, dove una mole enorme di panni da stirare — lasciata lì di proposito — dovrebbe farle intuire che ho un disperato bisogno di lei. Faccio un elenco dei piatti che potrebbe cucinare per noi e a ogni mia richiesta, lei annuisce mormorando: “non c’è problema.”
Sembra un sogno.
Spero solo di non svegliarmi in fase di trattativa: sono già innamorata di lei, la voglio — a tutti i costi.
CINQUANTADUESIMO EPISODIO
Illustrazione: Valeria Terranova