ono in macchina, sulla via di casa.
A tenermi compagnia è il fruscio del cellophane che avvolge la gruccia su cui è appeso il cappotto di Cassandra, pulito e profumato. E tra poco, quando sarà di nuovo tra le sue braccia, tutto tornerà come prima.
Non voglio più litigare con lei, non prenderò più nulla dal suo armadio, senza il suo permesso — specie se di Saint Laurent, specie se ‘l’occasione speciale’ prevede di far nascere vitelli di fattori imbranati, che promettono di chiamarti e poi non lo fanno.
Non mi importa più nemmeno di Britney.
Ho cercato in ogni modo di trovare il suo lato positivo, ma sono arrivata alla conclusione che deve essere un cerchio.
Mi avrà anche soffiato l’organizzazione dell’addio al nubilato, ma sono io la migliore amica di Cassandra e non è ancora detta l’ultima parola.
Mi ha dichiarato guerra e io devo difendermi, a costo di compiere un sabotaggio in piena regola.
Ho elaborato un piano: il piano perfetto con cui riscattare il mio onore, peccato che tutto dipenda da Jerôme.
Certo che la vita è assurda: questo poveraccio si trova coinvolto in una situazione scomoda, solo a causa di un autografo. Ma il destino opera in maniera misteriosa e lui — per citare la Wertmüller — è stato travolto da un insolito destino.
Dopo quel: “Caro Jerôme, questa volta, devi starmi a sentire…”, ho deciso di fermarmi e ragionare sul perché continui a ignorare i miei messaggi.
Li ho riletti e sono scritti di getto, sono frammentari, sconclusionati, sembrano figli di una fuori di testa, il che in parte è vero, ma so di poter fare di meglio. E poi, potrebbe non aprire quelli degli sconosciuti… in fondo, sono stata io la prima a trattarlo con superficialità: non ho mai guardato il suo profilo Instagram con attenzione.
È carino, ha gli occhi furbi, si veste in modo interessante e sembra anche simpatico. Mi sono divertita a guardare le sue foto, i suoi video, le sfilate di archivio e le copertine delle riviste che sembra collezionare, e ho cercato di fargli sapere che esisto, manifestando la mia presenza con pensieri, parole e commenti sui suoi post: quelli sono pubblici, deve leggerli per forza.
Su un paio — okay, ammetto: forse sono stati anche cinque o sei — ho scritto di controllare la posta privata, dove troverà le istruzioni da seguire per salvarmi la vita.
Ho ricominciato da capo, riassumendo la questione — e la mia disperazione — in poche righe, rapide ed essenziali, per fargli sapere chi sono e perché ho bisogno del suo aiuto.
“Caro Jerôme, se hai letto i messaggi precedenti, ti prego: ignorali. E nella speranza che ti siano sfuggiti, mi presento: mi chiamo Melissa e sono un veterinario.
Sul mio profilo di Instagram non pubblico quasi mai, mi piace fotografare i moscerini, perché vivono pochissimo.
È carino che qualcuno si preoccupi di immortalare qualche loro istante felice, e a parte questa peculiarità, sono una ragazza noiosa, con uno stile discutibile.
Ma per qualche strana ragione, indipendente dalla mia volontà, sei entrato nella mia vita.
Non sapevo chi fossi: eri solo il nome su una copertina di un libro. Il libro prestatomi dalla mia migliore amica, Cassandra, da cui avrei dovuto prendere spunto per cominciare a cambiare, avvicinandomi a ciò che ho sempre considerato stupido: la moda.
In realtà (siccome sta per sposarsi) credo che volesse semplicemente vedermi vestita in modo decente, il giorno del suo matrimonio, ma poi, Max, il mio cane, ha deciso di mangiarsi il tuo Vocabolario dello stile, e lì, sono cominciati i guai.
Su quel libro a cui Cassandra teneva tanto, c’era il tuo autografo e per farmi perdonare non sarebbe bastato ricomprarglielo — questo l’ho già fatto — dovevo restituirlo con la tua firma. Ecco perché ho iniziato a scriverti.
Mentre cercavo di rimediare al danno, però, ne ho combinati altri, ma solo a causa di un processo evolutivo inevitabile.
Il mio stile, sciatto e trasandato, era messo insieme dalla convinzione che la moda fosse frivola e inutile. Una sorta di presa di posizione contro i vestiti, che non misurano il valore delle persone.
Ma mi sbagliavo.
Dietro la moda, ci sono le storie di persone affascinanti che hanno lasciato il segno, e una in particolare, la sola che conosco, grazie a te: una donna che con amore, passione e dedizione creò un impero dal nulla: Coco Chanel.
Il suo stile semplice, pulito e minimale prendeva spunto dal mondo che la circondava, osservava e immaginava una versione femminile di ciò che aveva di fronte. Che fosse un uniforme, una tenuta classica maschile, un abito monacale, lei riusciva a farne un pezzo di classe dall’innata sensualità: tutte le donne volevano i suoi abiti. Era riuscita a conquistarle con una scala cromatica fatta solo di bianco e nero, e la promessa di farle sentire comode, con classe.
Ho iniziato a leggere la storia della sua vita, un po’ per il senso del dovere, un po’ per il senso di colpa, e ho capito che le scarpe, le borse e i vestiti, forse, mi sono sempre piaciuti, ma non immaginavo che bastasse la semplicità per metterli insieme in modo dignitoso: lei è riuscita a farmi cambiare idea. Ha dato una speranza a ciò che comunemente viene definito un caso disperato, nemmeno Cassandra avrebbe immaginato un tale miracolo.
La Melissa trasandata era pronta a sparire, volevo piacermi, volevo piacerle.
Se avessi preso in prestito qualche suo pezzo, sarebbe stata fiera di me, ma ho scelto quello sbagliato: un cappotto nuovo di Saint Laurent, con cui ho deciso di far nascere un vitello, rovinandolo.
Mi ha scoperto e si è arrabbiata, più per il gesto compiuto a suo insaputa, piuttosto che per il cappotto di per sé, e come se non bastasse, la sorella del suo fidanzato, Britney, una detestabile opportunista — che per ironia della sorte, fa pure la tirocinante, nella mia clinica veterinaria — ha deciso di farmi fuori, offrendosi di organizzare il suo addio nubilato.
Io lo meritavo di diritto, Cassandra deve essere stata costretta ad accettare o non mi avrebbe mai fatto un torto simile.
Ora, però, devi starmi a sentire: se mi aiutassi e ti rendessi disponibile per essere l’ospite d’onore della sua festa, Cassandra ne sarebbe felicissima. Avrebbe l’opportunità di conoscerti, di riavere il tuo autografo sul suo libro e anch’io potrei riscattarmi.
Già immagino la sua faccia stupita ed eccitata — e immagino anche quella di Britney: verde di rabbia — sarebbe fantastico.
Penserò io alle spese della trasferta, non dovrai preoccuparti di nulla, mi sono addirittura permessa di scegliere l’albergo in cui potresti soggiornare (ti aggiungo il link), e ovviamente, l’invito è esteso anche alla tua fidanzata — se ne avessi una.
Spero di riuscire a fare leva sulla tua bontà. Tu, che sei uno scrittore, dovresti sapere cosa significa essere ‘L’amica geniale’, io mi accontento di esserlo anche solo per un giorno.
Ti prego, rispondimi.
Un abbraccio
Melissa.”
Mi rendo conto di avere grandi aspettative, ma se Jerôme ha scritto un libro su Chanel, deve avere per forza un lato positivo: non può essere un cerchio anche lui.
Guardo l’ora sul cruscotto, sono quasi le otto e tra pochi minuti sarò a casa, tra le braccia di Cassandra.
Immagino di nuovo la scena perfetta che la mia mente ha elaborato: lei sul divano, Max che viene ammonito con il mio sguardo e io che corro da lei con il cappotto che Amelia ha salvato. Le mie scuse, il suo perdono e il lieto fine di questa storia.
Peccato per il gatto che ha deciso di attraversare la strada all’improvviso.
Frenare è impossibile: la macchina corre ad alta velocità, devo schivarlo, a qualunque costo.
Ci vorranno un paio di secondi, prima di fare un frontale con quel platano e solo tre cose mi vengono in mente:
Ciao Jerôme.
Ciao Cassandra.
Ciao Max.
QUATTORDICEDIMO EPISODIO
Illustrazione: Valeria Terranova