on che mi aspettassi di vederla all’ingresso ad accoglierci, ma siamo alla reception da dieci minuti e pare che nessuno abbia intenzione di disturbare la direttrice — non per noi almeno.
Forse, per i topini di campagna è troppo difficile atteggiarsi da topini di città: non siamo credibili. Questa è la verità.
“Avresti dovuto dirgli chi sei… ora, non saremmo qui ad aspettare.” mi rimprovera Cassandra.
Mi dispiace che sia infastidita per l’attesa e un po’ ha ragione, avrei dovuto presentarmi come la ragazza del figlio della direttrice e sfruttare la corsia preferenziale a cui Cassandra, in quanto gravida, è abituata, ma non porto nessuno anello di fidanzamento e sarebbe stato imbarazzante.
E mentre alzo la mano, cercando l’attenzione del signore che continua a ignorarci — tenendomi pronta a dichiarare la mia vera identità — Cassandra mi abbandona per raggiungere qualcuno che vede dietro le mie spalle. Deve essere Mila.
Mi volto sorridente, ma mi trovo di fronte a una donna che non conosco. Cassandra le stringe la mano, me la presenta.
“Melissa, lei è Enrica Alessi, la scrittrice di cui ti ho parlato.” dice piena di orgoglio.
La guarda con aria sognante, quasi fosse una Madonna. Le stringo la mano, più per circostanza che per piacere.
C’è uno strano ronzio: è la voce della mia amica. Un lungo elogio, seguito da un altrettanto interminabile elenco di nomi che non conosco: Jo, Laura, Paul, Steven… di chi diavolo stanno parlando?
Sono annoiata. Annoiata a morte da questa inutile e noiosa conversazione che non mi rende partecipe. Cosa ci faccio qui?
Me lo ricorda il signore della reception, che all’improvviso chiama il mio nome.
“Melissa Bigi?”
“Sì, eccomi.” dico raggiungendo il bancone.
“La direttrice vi sta aspettando. Quarto piano, l’ascensore è alle sue spalle.”
Mi volto a cercare Cassandra, ma lei sembra essersi dimenticata di me, esiste solo la scrittrice e sta prendendo l’ascensore con lei.
“Forza Melissa, saliamo con Enrica.”
Ma non si chiamava Alessia?
Lo scoprirò salendo.
Per quattro piani, fingo di conoscere l’argomento, emulo Cassandra: annuendo e sorridendo come un’ebete. Mi è tornata la nausea e gli spazi chiusi non aiutano.
Un attimo dopo, le porte dell’ascensore si aprono, la scrittrice esce per prima e solo in quel momento, mi accorgo della borsa che indossa: ho un tuffo al cuore.
Allora esiste: è la stessa che ho visto nel sogno di Jerôme, la sella di cavallo. E dal vivo è ancora più bella. Perché lei ce l’ha e io no?
In effetti, potrebbe essere un buon investimento, i miei risparmi sarebbero lieti di scomodarsi per il mio primo pezzo iconico, ma se mentalmente sto già pregustando il momento in cui quella borsa sarà mia, fisicamente non riesco a togliere gli occhi dalla sua. La voglio.
La scrittrice si dirige sicura verso destra, a quanto pare conosce la strada, Cassandra è vicino a lei, io mi metto in coda, osservando ciò che mi sta attorno. C’è una grande distesa di scrivanie, saranno almeno un centinaio. Ogni persona che lavora qui ha il suo loculo e la sua mansione precisa: sembrano api operaie all’interno di un alveare.
Mi chiedo se Cassandra le abbia notate, ma non si direbbe, continua a parlare con l’altra, voltandosi, di tanto in tanto, a controllare che sia ancora dietro di lei.
E contrariamente a ogni aspettativa, quando Mila ci raggiunge nel corridoio principale, sono quasi felice di vederla.
Lei e la scrittrice si conoscono già, lo intuisco dal loro approccio informale, ma dopo averla salutata chiamandola per nome, questa volta senza esitazione, si concentra su di noi, su di me, per essere esatti.
“Ciao Melissa, che piacere…” dice con voce soave.
Per poco non mi commuovo, anche Enrica, che fino a ora non mi ha rivolto la parola, si stupisce e mi interroga.
“Non sapevo che vi conosceste…”
“Sì, Melissa è la fidanzata di suo figlio.” le sussurra Cassandra, prima di presentarsi.
“Sono onorata di conoscerla.”
“Anche io ne sono lieta, Melissa mi ha parlato così bene di te… ora andiamo, vi faccio strada, ci sono un sacco di cose da decidere.”
Mila si incammina, noi la seguiamo.
Incrocio lo sguardo di qualche ape operaia che, incuriosita dallo sciame di visitatori, interrompe il suo lavoro per osservarci. Io sorrido timidamente in cenno di saluto.
Camminiamo per un paio di minuti, superiamo la redazione di Donna Moderna e arriviamo a quella di Grazia, dove una grande insegna cartacea appesa in alto ci dà il benvenuto.
Mila, che nel frattempo ha ricevuto una telefonata, ci indica una sala sulla destra, abbandona il cellulare un momento e ci chiede di aspettarla lì, sarà da noi appena possibile.
È una donna molto impegnata, un po’ mi ci rivedo in lei, ma non credo che le capitino storie di cani a due teste o cose simili, lei discute di sfilate, presentazioni, eventi mondani e se questo è affascinante per me che non ne capisco nulla, figuriamoci per Cassandra.
Se dovessi usare un’immagine per descrivere il coronamento di un sogno, la sua faccia estasiata sarebbe quell’immagine.
Ci sediamo: lei è la prima, seguita da Enrica che prende posto vicino a lei. Io faccio il giro del tavolo e mi accaparro la sedia che sta accanto a quella di Cassandra, posta di fronte a un grande tavolo circolare con il piano di vetro.
La parete alle nostre spalle è tappezzata di copertine del settimanale, ce ne sono così tante che non sembrano il risultato di un solo anno di lavoro, forse di tre, o anche quattro, e mentre mi chiedo da quanto tempo Mila detenga il trono di questa rivista, le altre due si tolgono la giacca e riprendono un discorso che devono avere iniziato poco fa.
“Quindi mi dicevi?” chiede Cassandra curiosa. “Perché hai sospeso il romanzo di Jo e Laura?”
Non so chi siano, ripeto, ma il suo tono di voce è così carico di mistero, che non posso fare altro che ascoltare. Mi volto anch’io verso Enrica, degnandola di attenzione.
“Vi faccio una confidenza.” esordisce bisbigliando. “Ma vorrei che rimanesse tale.”
Mi stupisce che non ci abbia chiesto di giurarlo sulla Bibbia: sembrano informazioni strettamente riservate.
“Sarò discreta, prometto.” conferma Cassandra.
“Ci mancherebbe.” aggiungo io.
“Quando ho iniziato a collaborare con Grazia, il mio libro non era ancora uscito in libreria, e non avevo idea della rubrica che mi avrebbero affidato. È una rivista che si occupa di moda per lo più, e piazzare un’autrice come me, che racconta storie con temi differenti, era una novità.
Il primo referente che mi venne assegnato mi aveva suggerito una rubrica alla Sex and the city, ma in chiave matrimoniale: ero io la donna felicemente sposata che viveva in un rapporto pluriennale dalle fondamenta solide; solo io potevo concedermi il lusso di dispensare consigli. Ma in amore non esistono regole, nemmeno quando si scrive, e quelle che mi erano state imposte per accontentare Google e i suoi algoritmi, penalizzavano il mio stile.”
Non so se a infastidirmi di più sia il suo modo di atteggiarsi come una povera vittima del sistema, o se sia Cassandra che ascolta il suo racconto indignata, scuotendo la testa, quasi stesse assistendo al peggiore dei soprusi.
“Fu allora che cercai di salvarmi. Sospesi il romanzo a puntate che pubblicavo sulla mia pagina Facebook e tentai di proporlo alla redazione: se fosse uscito nella versione cartacea, una volta a settimana all’interno del magazine, le lettrici avrebbero fatto a gara per accaparrarsene una copia…”
Su questo, invece, non posso darle torto, la sua strategia di marketing è azzeccata.
“E perché non hanno accettato?” chiede Cassandra delusa, sapendo già come finisce la storia.
“Non era il loro genere.” mormora Enrica.
“Questo è assurdo.”
“Lo so, ma è acqua passata, ora sono qui a promuovere il mio libro e…”
“Non è acqua passata.” la interrompe Cassandra bruscamente. “Credo di poter parlare a nome di tutte le lettrici che ti seguono, e ci stiamo ancora chiedendo come va a finire. Hai intenzione di abbandonarlo per sempre?”
Sono sconvolta: non l’avevo mai vista così agguerrita, neanche quando Tommy è tornato a casa con il divano senza il suo consenso. Ha la stessa espressione di Kathy Bates in ‘Misery non deve morire’. Se fossi nei panni della scrittrice, rifletterei attentamente prima di rispondere, potrebbe essere fatale.
“Non è da me lasciare le cose a metà, sono certa che lo riprenderò, ma non nel breve periodo…”
Mi rilasso, la sua risposta sembra soddisfacente, e mentre penso che tutto si risolverà nel migliore dei modi senza nessun omicidio, Cassandra si volta verso di me, battendo un pugno sul tavolo.
Dannati ormoni. E ora che c’è?
“Tu puoi aiutarla.”
“Io?” chiedo incredula.
“Certo tu. Sei la ragazza di suo figlio, devi convincere Mila a pubblicare il suo romanzo a puntate.” conclude indicando Enrica.
Non conosco la trama, non conosco i personaggi, sarebbe imbarazzante anche solo ammetterlo. Come posso fare leva su una persona che conosco a malapena riguardo a qualcosa che conosco ancora meno?
Ma prima che possa arrampicarmi sugli specchi per trovare una risposta che possa soddisfarle, Mila ci raggiunge.
“Scusatemi, era una telefonata molto importante… credo che nel prossimo numero avremo una bellissima intervista di Ennio Morricone.” dice entusiasta.
“E ora veniamo a te, cara Cassandra.”
È come sentire un rullo di tamburi.
“Come sai Enrica è una scrittrice…”
Incompresa aggiungerei, visto che il suo romanzo è stato messo in un angolo.
“Il suo libro… il suo libro…”
Le sta sfuggendo il nome, potrei scommetterci.
“Il suo romanzo autobiografico si rivolge a un pubblico femminile, alle donne, alle mamme al quadrato.”
“Scusi se la correggo.” interviene Cassandra. “Le mamme sono donne al quadrato, giusto?”
Enrica annuisce con un sorriso compiaciuto.
Ma Mila non sembra risentirsi di quell’appunto, al contrario, pare affascinata dalla loro complicità e prosegue.
“Esatto. Ed è proprio per questa ragione che vorrei che l’intervista e le foto di Enrica fossero accostate alla tua immagine. Tu, Cassandra, non rappresenti solo la mamma in forma che ha buon gusto, ma incontri anche i gusti letterari di questa brillante scrittrice, e credo che questo connubio sia quello che stiamo cercando… non trovi… Melissa?”
È la seconda volta che mi chiama per nome e non vorrei peccare di presunzione, ma dà l’idea di chi è davvero interessato al mio parere.
La nausea è scomparsa del tutto. Sarà anche per questa ragione che preferisco tralasciare la mia perplessità. Mi rendo conto che è una soltanto, ma quando ha parlato di immagine, non ho potuto fare a meno di pensare a quella di Demi Moore apparsa sulla copertina di Vanity Fair nel 1991: completamente nuda e incinta.
Sono convinta non sia questo ciò che ha in mente per Cassandra e mi limito ad un: “certo, lettrice e scrittrice, perfetto.”
“Voi che ne pensate?”
“Bellissima idea.” rispondono all’unisono sorridendo.
“Bene. A questo punto suggerirei di procedere in questo modo: darei la precedenza a Cassandra, che aspetta un bambino.”
Siamo tutte d’accordo.
“Mentre la mia assistente la aiuterà a scegliere il look per il servizio fotografato, Enrica andrà da Francesco, il mio braccio destro, che ha già preparato le domande per l’intervista. Okay?”
Cassandra alla parola look si è accesa come una miccia, non sta più nella pelle, credo che okay sarebbe un po’ riduttivo.
Enrica, invece, che pare più avezza a certe dinamiche, si alza annuendo.
La salutiamo, la vediamo dirigersi sicura verso un’altra ala degli uffici, noi restiamo con Mila che ci chiede di seguirla.
Ci affida a una ragazza che potrebbe avere la nostra età. Quella è la sola cosa che abbiamo in comune. È una modella mancata: alta, magrissima, algida. Il suo atteggiamento sicuro e fiero, però, non è indisponente.
Prima di lasciarci con lei, Mila le mostra il suo telefono, sembra che stiano esaminando una foto, poi, volge uno sguardo a Cassandra e aggiunge: “questo sarà perfetto per lei.”
L’assistente registra l’immagine nel suo archivio cerebrale e ci accompagna in guardaroba: una stanza gigantesca dove gli stender proliferano.
La vendita privata di Enrico è un nulla rispetto a tutto questo, ci sono così tanti abiti che non saprei da dove cominciare. Ma qualcun altro, invece, ha le idee ben più chiare delle mie.
L’assistente, senza esitare, ne raggiunge uno in particolare: c’è un pezzo di scotch che tiene saldo il foglio di A4 su cui stanno scritte le sue generalità: Dior — primavera estate 2019.
Le mani della ragazza vanno a colpo sicuro, afferrano una gruccia e un paio di scarpe.
“Abito plissettato in pizzo di cotone rosa, ballerina Academy in micro rete — nella stessa nuance — 38 giusto?”
“37, ma andranno benissimo.” risponde Cassandra prontamente.
“E fascia per capelli con scritta in rilievo J’Adior. Ti piace?”
Non credo ci sia bisogno di chiederlo: ha gli occhi a cuore.
Lo shooting fotografico è stato affidato a un’altra ragazza che ci viene presentata dopo la prova dell’abito e una sessione di make-up. Si chiama Sonia e Cassandra si sente subito a suo agio.
Resto a osservarla da dietro le quinte, si muove con disinvoltura, come se non aspettasse altro da tutta la vita.
Le immagini che vengono scattate si teletrasportano in tempo reale su un grande monitor, Sonia controlla la luce, l’inquadratura, è molto soddisfatta del risultato.
La mia amica non sarà Demi Moore, ma da ciò che vedo, sono certa che anche Cassandra passerà alla storia come una delle mamme più belle del pianeta.
E parte del merito è mio.
TRENTANOVESIMO EPISODIO
Illustrazione: Valeria Terranova