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22 Mar

Chanel – The Jacket

Quando ripenso a tutto quanto, ora che è passato tanto tempo, ammetto che non posso fare a meno di riderci sopra, ma allora…quando ero agli inizi e non avevo idea di ciò sarebbe successo, del putiferio che avrei creato, beh, ridere era l’ultima cosa a cui pensavo, diamine! Già, forse neppure sapevo cosa volevo davvero, fino a che non sono arrivate loro: le donne con cui mi confrontavo…che mi hanno mostrato ciò che non volevo! Rigide nei loro abiti da parata, simili a bambole decorate, dalle forme eccessive, sepolte nei fronzoli, intrappolate nei loro corsetti…non riuscivano neppure a camminare diamine! Le guardavo come schiave di una moda tra le più faticose… e nemmeno immaginavo che la mia fatica sarebbe stata altrettanto grande… Come permettere a una donna di sentirsi libera? Come farle capire che l’eleganza sta nella libertà di muoversi? Ho pensato ai miei bisogni, al mio desiderio di comodità e non ho inventato una moda, ho semplicemente espresso il mio stile: preciso, semplice e con la sola pretesa di essere piacevolmente portabile. Ho fornito loro lo strumento che gli ha permesso di riscoprire la gioia di movimenti sinceri, senza per questo sentirsi a disagio. Tutto poteva cambiare, non è stato facile, ma è successo! Nessun materiale è povero o grezzo se confezionato nel modo giusto… l’ho fatto col jersey e ancora una volta col tweed, sulle rive di quel fiume inglese, così lontano da casa e così vicino al mio cuore. Ci sono stati anni bui, anni in cui avrei voluto fuggire chissà dove, ma forse non si può fuggire dalla sola cosa che ti fa amare la vita…e quella cosa è sempre stata il mio lavoro. Stanca, vecchia, questo sì, ma la mia grinta e la mia voglia di stupire non mi hanno mai abbandonato, anche quando tutto sembrava perduto…anche quando quel Dior cercava di rubarmi la scena… era più adatto ad addobbare poltrone che a vestire signore, dovevo fare qualcosa…tornare in passerella! Parigi mi ha stroncato e ciò non mi ha sconvolto…lo immaginavo, ma c’era un tizio ai miei tempi che si chiamava Irving Berlin, nessuna storia d’amore tra noi…per carità, il quale disse una frase: “Dio benedica l’America” e anche se non era il mio tipo… beh, aveva proprio ragione diamine! Quella giacca maschile, presentata e criticata a Cambon, ha segnato la svolta negli Stati Uniti. Tweed morbido, impunturato alla fodera e guarnito con una catenina di ottone, nessuna imbottitura, il rovescio come il dritto, tasche vere, niente orlo ma passamano, niente maniche per la camicetta, ma polsini trompe-l’oeil staccabili, un occhiello per ogni bottone e ognuno di essi con il simbolo della maison. Agilità, leggerezza, lusso, spigliatezza, felicità…nessuna poteva farne a meno, diamine! La moda doveva scendere in strada, le donne non avevano più tempo di giocare alle signore e il mio tailleur era diventato l’uniforme della vita di tutti i giorni.. certo non si poteva dire fosse a buon mercato…ma era l’idea a contare, no?!? “Così si muore…” dicono che ho detto questo prima di andarmene, francamente non ricordo… ma ad ogni modo, dopo di me, sono stati i miei assistenti a prendersi cura della maison: Berthelot, Cazaubon e Dudel, poi Guibourgè e infine Esparza…catastrofe… Ah, nemmeno si possono contare le volte in cui mi sono rigirata in quella tomba! E che ci voleva a tenere vivo e dignitoso il mio ricordo?!? Un paio di scarpe bicolore, dei gioielli barocchi, una cintura a catena, una camelia, una borsa matelassé, una camicia e la mia giacca diamine! Poi Karl sei arrivato tu, l’unico che ha recuperato il mio spirito libero e provocatorio mettendolo in salvo, contaminandolo col tuo per renderlo attuale, anche rischiando di rincarare la dose… Sarà forse perché parliamo la stessa lingua, un lessico di stile lo ha definito qualcuno, o forse perché a volte non resisto alla tentazione di darti qualche piccolo consiglio, ma non preoccuparti questo è un segreto che resterà tra noi…

 

When I think back, now that’s long time has passed, I can’t help but laughing, but then…at the beginning, I didn’t have a clue of what it could have happened, of the hell I’d have raised, well, laughing was the last thing I was thinking of, blimey! Probably I didn’t even know what I really wanted until I met them: women with whom I confronted myself…they showed me what I did not want! Stuck in their parade dresses, looking like gigantic decorated dolls, buried in fripperies, wrapped in corsets…they couldn’t even walk, blimey! I looked at them as the slaves of one of the most tiring fashion trends ever… And I couldn’t imagine that my struggle would have been great too… How can a woman feel free? How can she understand that elegance lies in the freedom to move? I thought of my needs, my urge for comfortable pieces and I didn’t invent a fashion trend, I simply expressed my style: basic, simple and with the sole expectation of being easy to wear. I gave them the tool that allowed them to discover the joy of sincere movements without feeling uncomfortable. Everything could change, it wasn’t an easy task but it happened! No material is poor or rough if manufactured the right way… I did it with jersey, with tweed, on the banks of that English river, so far from my home and so closet o my heart. There have been dark years, where I wanted to escape I don’t know where, but probably you can’t escape from the only thing that you love in your life…and that has always been my job. Tired, old, yes but my tenacity and my will to amaze have never abandoned me, even if when everything seemed lost..even when that Dior chap was trying to steal the show… he’d better decorate armchairs than dressing ladies, I had to invent something….going back to catwalk shows! Paris harshly criticised me and I wasn’t surprised…I imagined it, but there was chap called Irving Berlin, no love affair with him…for God’s sake, and he once said: “God bless America” and even if he wasn’t my kind of man… well, he was damn right, blimey! That man-fit racket, presented and criticised in Cambon, marked the turn for me in the USA. Soft, stitched tweed decorated with a brass chain, No lining, the reverse side as the front, real pockets, no hems but trimmings, No sleeves in the blouse but detachable trompe-l’oeil cuffs, a buttonhole for every single button and everyone of them with the symbol of the maison. Agility, lightness, luxury, self-confidence, happiness…nobody could live without, blimey! Fashion had to go on the streets, women didn’t have time to mess around my tailleur had become an everyday uniform… well, not exactly cheap….but ideas count, don’t they?!? “this how we die…” they told me this is what I said when I died, frankly I don’t remember… Anyway, after my depart, my staff continued my job at the maison: Berthelot, Cazaubon and Dudel, then Guibourgè and finally Esparza…a catastrophe… You can’t imagine how many times I turned in my grave! And what did I need to make my memory alive and decorous?!? A pair of bi-colour shoes, baroque jewels, a chain belt, a camellia, a matelassé bag, a blouse and my racket, blimey! Then Karl, at last, you came, the only one who was able to restore my free and provocative soul, keeping it safe, contaminating it with your style to make it contemporary, running the risk to exaggerate… perhaps that’s because we speak the same language, someone said it is a style lexicon, or perhaps because sometimes I can’t help giving you some piece of advice, but, don’t worry, it’s a secret between me and you…

CHANEL - THE JACKET

CHANEL - THE JACKET

CHANEL - THE JACKET

CHANEL - THE JACKET

CHANEL - THE JACKET

Una piccola precisazione: le modelle della prima foto, da sinistra, sono:

JANE SCHMITT e MISS DIRTY MARTINI.