aolo ci fa strada verso il suo tavolo, Michele lo segue divertito e io gli sto a ruota, in preda al caos più totale.
Per l’ennesima volta, mi domando chi possa essere L’uomo del Tirolo, ma la memoria scuote la testa, in segno di sconfitta.
Michi ha detto che spesso ho parlato di lui, ma potrebbe averlo fatto per mettermi in difficoltà: un altro dei suoi stupidi test.
E se fosse opera sua? Se fosse stato lui a organizzare questo incontro occasionale?
La musica è troppo alta per chiedergli spiegazioni e gli effetti della vodka cominciano a farsi sentire: devo fare in fretta.
L’idea sarebbe quella di chiudere Michele in bagno e farlo confessare con minacce di morte, ma non posso mollare Tirolo nel bel mezzo della pista e dirgli che devo fare pipì. Vorrà dire che raggiungerò il suo tavolo, saluterò le altre comparse del teatrino che Michi ha messo in scena, e chiederò loro di scusarmi un momento.
Paolo si ferma e ci indica un tavolo di soli uomini: indossano tutti la stessa giacca e qualcosa mi dice che non sia un caso. Continuo a sfoggiare il mio sorriso da paresi, per non sembrare in imbarazzo, ma vorrei che una botola si aprisse sotto i miei piedi per farmi sparire da qui.
Tirolo ci fa segno di seguirlo e io non ne ho la forza, devo sapere che sta succedendo.
Mi avvicino al suo orecchio, dosando il volume della voce per non assordarlo, ma la musica è altissima.
“Vado un secondo in bagno, torno subito.”
Lui annuisce, sorride e raggiunge i suoi amici. Michi fa per seguirlo, ma glielo impedisco, afferrandolo per un braccio.
“Tu vieni con me.” dico in tono perentorio.
Lo prendo per mano e faccio dietro front, dritta verso la toilette, che riesco a trovare quasi subito. E lì, dove il volume della musica è accettabile, inizia il mio interrogatorio.
“Michi, devi dirmi la verità: chi è quel tizio?”
“Non ne ho la più pallida idea.”
“Hai appena detto che ti ho parlato spesso di lui…”
“Solo per circostanza, avresti preferito che dicessi: la mia amica non sa chi sei?”
“Stai dicendo la verità?”
“Non ti nascondo che una parte di me vorrebbe essere così diabolico, ma non sarei capace di arrivare tanto… e un po’ mi dispiace.” risponde divertito.
“Anche io avrei preferito essere in questa situazione a causa tua e invece, ho fatto tutto da sola.”
“Ma questo è un film, è fantastico!”
“Come, prego? Fantastico?”
“In quanti possono dire aver vissuto una cosa simile?” chiede entusiasta.
“Se stai cercando di farmi sentire meglio, ti consiglio di cambiare strategia…”
E ora, cosa ho detto che non va? Perché mi rimprovera con lo sguardo?
“Che c’è?” chiedo in tono snervante.
“Sei priva di leggerezza… ecco che c’è. Tutto è un problema da risolvere per te, dovresti smetterla con queste inutili preoccupazioni e lasciarti andare: non importa se non sai chi è, goditi la serata, qualcosa succederà… E poi dovrei essere io quello in crisi: ti ricordo che lo avevo adocchiato per primo…” precisa ironico.
Credo che mi metterò in affari per aprire una casa editrice, il manuale che Michele non sa ancora di dover scrivere: ‘Come risolvere in modo facile i problemi difficili’ ci farà diventare ricchi.
“E sia. Andiamo da lui e scopriamo chi è.”
dico sorridendo. “Ma prima, ho bisogno di un altro Vodka Tonic.”
Ho deciso di concedermi un secondo giro per l’occasione: queste sono cose che non capitano tutti i giorni, e se devo affrontare questo sconosciuto con lo spirito giusto, mi serve qualcosa per sciogliermi un po’. E mentre cerco di giustificarmi con me stessa per le possibili conseguenze che scatenerà il mio gesto irresponsabile, Michi torna dal bar con il mio cocktail.
“Andiamo?” mi chiede, muovendosi a tempo di musica.
“Andiamo.”
Percorro il tragitto che mi separa dalla destinazione, sorseggiando il mio cocktail, quasi fosse la pozione di Panoramix, e quando scorgo Paolo in lontananza, credo che abbia già fatto il suo effetto.
Mi metto a ballare con Michi, vicino al suo tavolo, evitando il resto della compagnia maschile, che mi mette a disagio, ma mentre sento di poter gestire la cosa da questa distanza, lui si avvicina.
“Venite con noi, abbiamo appena ordinato da bere.” dice ad alta voce.
Vorrei sottolineare che un altro cocktail potrebbe scatenarmi un vero e proprio coma etilico, ma è Michele a prendersi la briga di rispondere al posto mio.
“Cosa state festeggiando?”
“Uno dei miei amici si sposa la prossima settimana.”
Ora si spiega la faccenda delle giacche tutte uguali. Ora si spiega perché le mie viscere si rifiutano di raggiungere quel tavolo: un addio al celibato è l’ultima cosa di cui ho bisogno.
Michi continua a parlare con lui e io non smetto di squadrare ogni spigolo del suo viso, aspettando che una delle mie lampadine cerebrali si accenda, ma non riesco a concentrarmi. Sono presa dalla musica, dalle luci psichedeliche e dalla vodka che riesce a farmi sentire come Beyoncé al Coachella Music Festival: ogni molecola del mio corpo è su di giri. E mentre mi diletto in un nuovo passo di danza, Michi mi prende per mano e mi conduce al tavolo dei tirolesi.
“Ehi grullo, non ci presenti la tua amica?”
chiede uno di loro, rivolgendosi a Paolo.
Grullo: i toscani dicono così, questo è un indizio, un indizio importante. E ora, dovrà dire qualcosa per presentarmi: forza, su, dimmi chi sono? Dimmi chi sei?
Ma prima che possa rispondere, i camerieri arrivavo al tavolo, per imbandirlo di vino, Coca Cola, rum, spiedini di frutta e Bocconcini ‘Dai Dai’.
La lampadina cerebrale non solo si è accesa, ma la sua luce è talmente forte da illuminare Time Square a Natale: ho capito chi è. E il merito è tutto del mini gelato di panna ricoperto al cioccolato, tipico della Versilia, che ci dava la nonna in spiaggia.
Lui è Paolo Malavolti: il mio fidanzatino del mare, il mio primo bacio.
Avevo undici anni e so che nessun tribunale crederebbe alla mia versione, ma non l’ho mai dimenticato.
Dove diavolo è finito il suo caschetto castano baciato dal sole? Deve avere esagerato con le schiariture: ora è brizzolato.
Sono passati vent’anni, le cose cambiano: anche il colore dei capelli, e poi non era così alto, forse non era nemmeno così sexy.
La mia mente va indietro nel tempo e per un attimo, ripensando al passato, anche gli ingranaggi del mio cuore sembra che abbiano ripreso a funzionare.
Lui mi ha riconosciuto subito e avrà pensato che sono una snob, una snob con la puzza sotto il naso: devo dirgli la verità. Ma mentre sto per correre da lui, Michele si avvicina per dirmi qualcosa all’orecchio: “Eva: togliti quel sorriso di plastica dalla faccia.”
“Paolo è una ratatouille!” dico entusiasta.
“Sei ubriaca: ti porto via di qui.”
“No, no. Ho scoperto chi è.”
La musica si ferma, tutti i riflettori sono puntati su di me, creando una sagoma di luce circolare, che sta in fondo ai miei piedi come un piedistallo, poi, parte l’applauso.
Mi sento così, ma questi sono solo gli effetti della vodka. Nel mio campo visivo, però, vedo Michi e la sua espressione stupita e soddisfatta mi fa lo stesso effetto.
“E ora toglitelo tu quel sorriso di plastica dalla faccia.” ribatto.
“Dimmi chi è?”
Mi giro verso Paolo, lo guardo.
In quel sorriso, rivedo il campione di ping pong della Versilia: è lui, sono sicura.
E quando i miei occhi tornano su Michele, faccio un bel respiro e dico felice: “è stato il mio primo bacio.”
“Non dire balle: nessuno dimentica il suo primo bacio!”
“Non mi credi?”
“No. Hai esagerato, è meglio andare.”
“Andare? E il film fantastico di prima?”
Lo vedo scuotere la testa e capisco che non sono credibile: questo è il momento di sorprenderlo.
“Aspetta e vedrai.”
Non voglio voltarmi, non mi serve la sua approvazione. Ci ho messo tutta la sera per capire chi fosse e ora che lo so, voglio andare da lui e dirglielo. E sulle note di ‘Can’t Take My Eyes Off Of You’ di Gloria Gaynor, mi accorgo di non aver mai ascoltato le sue parole con attenzione, ma sembrano scritte per questo momento memorabile.
Metto un piede davanti all’altro e lo raggiungo.
“Non sono una snob.” esordisco, portando la mia bocca vicino al suo orecchio.
“Come?”
“Non sono una snob con alla puzza sotto il naso…”
Si scosta, mi guarda negli occhi, afferra la mia mano e mi porta via da quel palcoscenico.
Lo seguo. Sono in balia di lui. Mi sembra di essere salita sulle montagne russe, senza aver allacciato la cintura: è una pazzia eccitante che ho voglia di provare.
Paolo raggiunge un angolo della mansarda, dove c’è un piccolo divano di pelle nera, lascia la mia mano e io mi siedo.
“Non sono una snob, sono contenta di rivederti… ora che ho capito chi sei.”
L’ho detto in modo così cristallino, da sembrare sobria. Brava.
Lui scoppia a ridere.
“Davvero non mi hai riconosciuto?”
“Non subitissimo.” dico piegando la testa di lato, in segno di scuse.
“Tu sei sempre la stessa.”
Anche le fossette che ha sulle guance sono rimaste le stesse. Quando sorrideva, mi sentivo come Spank con gli occhi a cuore. Oggi, invece, a vent’anni di distanza, direi che ho in atto una tempesta ormonale.
“Non sei più venuta al Bagno Beppe…”
“I miei si sono separati, abbiamo cambiato abitudini.”
“Si vede che dovevamo incontrarci qui.”
E ha sempre la risposta pronta, come da bambino. Peccato per i capelli.
“Come mai sei qui?”
Di indole sono una persona sincera, ma valutando in modo distaccato l’andamento della serata, credo che dovrei attenermi alla domanda.
Che bisogno c’è di dire che sono qui perché il mio matrimonio è finito?
“Sono qui con il mio migliore amico, ci siamo presi una piccola vacanza.”
Gli stessi poteri paranormali di prima, ma di cui, purtroppo, sono ancora sprovvista, sarebbero utili anche ora.
Vorrei schioccare le dita e vedere Michi materializzarsi all’istante, per farci cambiare discorso, ma questa volta, sono io ad averlo abbandonato: devo andare da lui.
“Sembra forte.” dice, strizzandomi l’occhio. E credo sia ignaro di aver appena detto la cosa, che avrei voluto dicesse.
“L’ho lasciato solo…” dico dispiaciuta
“Torniamo da lui.” suggerisce incalzante.
Ci alziamo dal divano e mi fa strada tra la folla, tenendomi ancora per mano.
Vedo Michi al tavolo con i ragazzi. Sembra divertirsi, ma so che ha bisogno di me.
Mi vede, sorride e io gli faccio cenno di raggiungerci.
So che tra meno di un minuto dovrò salutarlo, senza sapere cosa succederà, ma in quell’attesa, riesco a sentirmi come Michi mi vedeva una volta: sexy e divertente.
Mi volto verso Paolo, Michele sta arrivando e vorrei uscirmene con l’arrivederci più originale della storia, ma siccome non mi viene niente di livello, è lui a salvarmi, parlando per primo:
“Cosa fai domani?”
Sento una piccola scossa al petto, e forse è lei a rianimare le mie idee.
“Domani, credo che mi aggiudicherò un albero di Natale all’asta di beneficenza, ci vediamo lì?”
“Ci vediamo lì.”
Michele è arrivato, lo prendo sotto il braccio e mi allontano, pensando che sono entrata con in testa Cristian Grey, ma trovo più interessanti quelle cinquanta sfumature di grigio brizzolato, che mi hanno tratta in inganno. In fondo, Hollywood è dall’altra parte del mondo.
SEDICESIMO EPISODIO
Illustrazione: Valeria Terranova