e carte del divorzio non sono ancora state firmate, quindi, solo per oggi, ho preferito ritenermi ancora la moglie di Davide e sfruttare il pass per accedere al parcheggio privato: da lì, lo stadio si raggiunge più velocemente.
Ma seppure abbia guadagnato qualche minuto e risparmiato distanza, durante il tragitto in auto, non ho preparato nessun discorso: pensare di improvvisare mi agita.
Scendo dalla macchina, prendo la borsa e chiudo la portiera. Controllo la mia immagine riflessa nel finestrino e seppure mi trovi totalmente d’accordo con il giudizio di Clara, fatico a comprendere la sua posizione.
Lei è sua madre: dovrebbe difenderlo, deporre a suo favore, scagionarlo solo per il fatto che è suo figlio e invece, sembra la prima a sentire l’esigenza di rivendicare questa faccenda delle responsabilità genitoriali. E se la sente lei, non vedo perché non dovrei sentirla io.
Forse dovrei limitarmi a fare la cosa giusta, senza farmi domande riguardo a chi me lo ha suggerito.
Per quanto riguarda il mio discorso, dalla macchina allo stadio, ci saranno almeno cinque minuti da percorrere a piedi: userò questo tragitto per produrre mentalmente qualcosa di incisivo.
Dopo sette minuti, sono davanti all’ingresso dello stadio, Davide sta correndo verso la porta e il mio ipotetico dialogo con lui è ancora fermo al ‘ciao’.
Guardo il campo, i fari enormi che lo illuminano, le tribune: ricordo ogni singolo momento passato a fare il tifo per lui, indicandolo a Sofia, ogni volta che lo perdeva di vista, l’attesa della fine della partita, lui che ci raggiunge, ci abbraccia, che torna a casa con noi: tutto questo non ci sarà più.
Difficile descrivere la sensazione che si prova di fronte a una parentesi di vita che si è chiusa per sempre.
Non avrei mai pensato di tornare qui,
anche i suoi compagni saranno sorpresi di vedermi e mi sento in imbarazzo.
Ai loro occhi sono la moglie tradita e abbandonata per una donna più giovane, la moglie stupida che non si è accorta di niente, ma comincio a pensare che non dovrei temere quella che può diventare l’occasione per riscattare il mio onore.
Posso farcela, posso stenderlo e posso farlo rendendogli il favore: umiliandolo davanti alla squadra.
Mi sento come il tifoso che, all’improvviso, decide di fare invasione di campo per mettersi a correre nudo, durante una domenica di campionato qualunque.
La folla rimane a bocca aperta: c’è chi ride, chi urla, chi si volta sconvolto e anche chi lo insegue per fermarlo.
Seppure non avessi inserito questo fuori programma nel palinsesto della giornata, sono sicura che avrà un buon numero di ascolti. Lo vedrei bene in uno speciale di ‘La vita in diretta’. Titolo: ‘Oggi, scende in campo l’onore, quello di Eva, riscattato ai tempi supplementari.’
All’improvviso, anche a me è venuta voglia di correre — ma tenendomi addosso il mio cappotto favoloso di Valentino.
Davide ha appena segnato: sento il fischietto e vedo l’allenatore battergli le mani. Io, invece, gli darei un calcio di punizione — in senso fisico. Socchiudo lo sguardo e lo fisso come se fosse nel mirino: lo raggiungo.
L’andatura decisa ed elegante che io e il mio buon gusto avevamo ritenuto opportuna per l’occasione, va a farsi benedire. Non avevo tenuto conto del fango che, insidioso, si appiccica ai tacchi delle scarpe, appesantendoli di grumi terrosi e ciuffi di erba. Dannazione!
Sono a dieci metri da lui, corre verso di me: sembra preoccupato.
“Sofia sta bene?”
“Sì che sta bene…”
“Non vieni mai qui, ho pensato che le fosse successo qualcosa…”
Lo tranquillizzo, sembra sollevato, ma l’attimo successivo, mi guarda in modo strano: curioso, imbarazzato. È a disagio.
I ragazzi continuano a giocare, sembra che la nostra presenza non sia fonte di distrazione, ma mi sento osservata.
Mi allontano di qualche passo, resto in punta di piedi cercando di non raccogliere altro fango, raggiungo la linea bianca, lui mi segue. E ora che è di nuovo di fronte a me, inizio a parlare:
“Stasera ho un appuntamento e domattina un incontro importante. Puoi occuparti di Sofia fino a domani sera?”
“Certo. Nessun problema.”
Lo dice sorridendo, sembra molto felice dell’incarico ricevuto con così poco preavviso, e so che dovrei ritenermi soddisfatta per la sua disponibilità, ma non credo abbia capito che avrò bisogno del suo aiuto più spesso.
“Ho un incontro di lavoro domani, se riuscirò ad avere il posto, mi servirà una mano per gestire Sofia anche in futuro.”
La mia notizia lo ha sorpreso, ma contrariamente a quanto mi aspettassi, non è infastidito.
“Certo che ti aiuto.”
“Okay. Grazie.” mormoro.
Avevo immaginato i fuochi d’artificio, una lite furibonda e un finale con l’inno nazionale, invece, è stata solo una bolla di sapone che è appena esplosa sul mio naso.
“Bene…” aggiungo, mentre cerco di temporeggiare.
Dovrei chiudere la nostra chiacchierata, chiedendogli a che ora passerà a prendere Sofia, ma sono delusa: non mi ha fatto nessuna domanda. Il mio viaggio mentale ne aveva immaginate almeno un paio e invece niente. Ancora nessun riscatto, nessuna
puntata speciale di ‘La vita in diretta’.
Lo saluto, mi volto, mi incammino verso l’uscita.
Sento il fischio dell’allenatore, le grida dei ragazzi che riprendono ad allenarsi, e la sensazione di sentirmi fuori gioco.
Mentre mi allontano delusa, il mio mezzo tacco continua ad attaccarsi al suolo bagnato, temo che possa farmi cadere e mentre sta per succedere, Davide mi chiama.
Mi fermo, mi volto verso di lui, tentando di mantenere l’equilibrio.
“A che ora passo a prendere Sofia?”
Mi sono pure dimenticata di chiederglielo.
“Vuoi cenare con lei?” suggerisco.
“Perché no? Potrei portarla al giapponese…”
Vorrei chiedere se ci sarà anche la Lego Friends, dopotutto, anche io stasera esco con un altro.
“Ci sarà anche Andrea?” chiedo disinvolta.
“Credo di sì.”
La risposta mi piace: mi lascia il dubbio insieme alla possibilità che possa succedere.
“E tu?”
Mi sta invitando a unirmi al gruppo o vuole sapere del mio appuntamento?
Per strategia, rispondo considerando entrambe le opzioni.
“Stasera ho già un impegno…”
“Lo so… posso sapere con chi?”
Perché me lo chiede? Non sono affari suoi.
“So che non dovrei chiedertelo, so che non sono affari miei…”
Appunto.
Mi ha buttata fuori dalla sua vita, mi ha messo davanti al fatto compiuto e non me me starò qui a soddisfare le sue curiosità.
Gli uomini ti lasciano e poi si interessano a te, solo nel momento in cui si accorgono che la tua vita va avanti anche senza di loro. Non rimpiangono te, ma l’ascendente che avevano su di te. Possessivi, egoisti, manipolatori: non mi faccio fregare di nuovo.
E mentre pregusto mentalmente ciò che potrei dire e che non dirò, mi limito dicendo:
“È solo un amico…”
Che per un ex marito si traduce in: è il mio nuovo amante con cui faccio sesso tantrico. Forse, posso ancora sperare nel finale a sorpresa di ‘La vita in diretta’.
Lo saluto di nuovo e mi allontano compiaciuta, nonostante i tacchi sporchi.
Lo stadio è vuoto, ma mi sembra di sentire
i tifosi applaudire, incitandomi mentre fanno la ola.
“Forza Eva, alè, alè!”
Ammetto di averla gestita bene.
Sofia ha appena finito di preparare il suo trolley e sembra felice della sua piccola gita fuori porta: anche io.
Vediamo come se la cava Andrea con un po’ di pepe nella vita di tutti i giorni.
Ho suggerito a Sofia di portare Olivia con sé. Le ho confermato che la storia che ‘cane e gatto non vanno d’accordo’ è solo una diceria, che devono conoscersi per diventare amici, il prima possibile.
Soprattutto prima che Olivia impari a controllare la pipì. E mentre penso ad Andrea chinata sul pavimento a pulire, mi sfugge un sorriso e suona il campanello.
Sono le sette: è Davide.
Non varca nemmeno la soglia, Sofia gli corre incontro per saltargli al collo.
“Come sei contenta di vedermi!” esulta abbracciandola.
“Anche. Ma sono più eccitata.”
Lei frizza, lui si scioglie.
“Eccitata? Davvero?”
“Sì. Sai che Olivia viene con me?”
“Chi è Olivia?”
“Il mio cane. Anzi, la mia cagnolina.” risponde soddisfatta mentre la infila nel cappotto.
Davide mi guarda con aria inquisitoria.
Io apro le braccia in segno di resa e dico:
“È la sua cagnolina.”
“Strano questo nome.” dice in tono provocatorio.
“Vero?”
Adoro il mio self control quando si presenta al momento giusto. E pensare che stamattina avrei ucciso per dirglielo.
“Andiamo papi?” ci interrompe Sofia.
“Amore non sarebbe meglio se Olivia rimanesse con la mamma…” suggerisce lui.
“No! È un’occasione per farle incontrare Romeo. Vedrai: diventeranno amici.” conclude prendendolo per mano.
Non riuscirà mai a dissuaderla.
Lo realizza qualche secondo più tardi, quando, ormai rassegnato, apre la porta per uscire.
“Ci vediamo domani sera, amore?” le chiedo prima di darle un bacio.
“Sì! In bocca al lupo mamma. Falle vedere chi sei!” esclama battendomi il cinque.
Davide mi guarda, lo capisco dai suoi occhi che è rimasto colpito dalla nostra complicità e anche se tenta di nasconderlo, allo stesso tempo, sembra dispiaciuto di essere fuori dai giochi, dispiaciuto di esserne stato la causa.
Dice ciao e mi bacia sulla guancia.
La porta si chiude, io resto lì, immobile, cercando di dare un significato a quel gesto, che una parte di me giudica inopportuno, mentre l’altra se ne compiace. Ma non è questo il momento di farsi domande — sul mio ex marito — ora, l’unica cosa importante è la mise di stasera: chiamo Michele.
“Disturbo?”
“No, mi stavo preparando per uscire con un tipo…”
“Anche io devo uscire con un tipo.”
Quei quattro secondi netti di silenzio, che seguono la mia affermazione, mi fanno pensare che non se lo aspettasse.
“E con chi?”
“Ti sorprende che io abbia un appuntamento?”
“Mi sorprende che tu abbia un appuntamento con un tipo… vista la riluttanza che hai mostrato nell’ultimo periodo.” puntualizza.
“In effetti hai ragione: esco con Paolo.”
“Mezzo limone è tornato?”
“Sì, si trova a Torino per un incontro di lavoro e mi ha chiesto di andare a cena.”
“E hai accettato nonostante l’incontro di domattina?”
“Certo! Che dovevo fare?” chiedo basita.
Lo sento ridere: sta ridendo di me.
“Questo dovevi fare! Brava! Ora sì che ti riconosco.”
Se fa così per una cosa tanto scontata, c’è da chiedersi cosa direbbe se gli raccontassi della mia mattina allo stadio. Credo che si metterebbe a urlare dalla gioia, ma temo dovrò rimandare: ho poco tempo.
“Bene! Devi aiutarmi con il look.”
“C’è una cosa molto importante che devi sapere sugli uomini: qualsiasi abito deciderai di indossare stasera…”
Diciamo che pendo letteralmente dalle sue labbra.
“Lui penserà soltanto a come togliertelo di dosso.”
La mia curiosità si è appena trasformata in delusione.
“Apprezzo la tua franchezza, ma ora, lasciamola da parte. Cosa mi metto?” chiedo esasperata.
“Dove andate?”
“Da Lavazza: il mio ristorante preferito.”
“Hai ancora quel vestito a fantasia di Givenchy con la crinolina?”
Mi piace quando ha le idee chiare.
“Certo!”
“Allora lui! Con le décolleté di Dior…”
“No: quelle sono sporche di fango.”
“Fango?”
“È una storia lunga, non posso spiegarti adesso…”
“I sandali di vernice di Balmain?”
“Quelli sì… giacca? Borsa?”
Sento i meccanismi del suo cervello scricchiolare.
“Giacca di pelle: quella che avevi a Cortina. Borsa: piccola nera, sobria, fai tu.”
Mentalmente il manichino è completo, ma c’è ancora una domanda che mi resta da fare: “e tu con chi esci stasera?”
“Non credo che tu lo conosca, anzi, non lo conosci di sicuro. È un tizio che ho conosciuto qualche giorno fa… a Milano.”
Troppo vago.
“Okay, almeno descrivimelo…”
“Non saprei come descriverlo… e poi sono in ritardo.”
“Mi stai nascondendo qualcosa: lo capisco dal tuo tono di voce.”
“No Eva, non è vero…”
Altro indizio: non mi chiama mai per nome.
“Quindi non vuoi dirmelo?”
“Ti ripeto che sono in ritardo: devo andare.”
“Aspetta: voglio solo che tu sappia che scoprirò tutto, con o senza il tuo aiuto…”
Suona come una minaccia, ma questo gli farà sputare la verità.
“Okay, allora scelgo la seconda: senza il mio aiuto. Buona serata.”
Ha già interrotto la comunicazione, quando io, dall’altra parte del telefono, gli faccio lo stesso augurio:
“Buona serata Michi, a domani.”
VENTOTTESIMO EPISODIO
Illustrazione: Valeria Terranova