To top
5 Mag

Il calcio di rigore

l'amore ai tempi supplementari

l'amore ai tempi supplementari

 

 

 

 

E

lì, con la stessa eccitazione di un cavaliere che è riuscito a mettere in salvo la fanciulla, esco dall’ufficio di Javier e mi precipito da Olivia per raccontarle l’accaduto. Apro la porta convinta di servirle il mio scalpo su un piatto d’argento, ma Serena è già arrivata ed è seduta alla sua scrivania.
“Buongiorno Eva!”
“Ciao, come va?”
Olivia non le dà il tempo di rispondere. “Hai novità?” mi chiede trepidante.
La discrezione non è certo il suo forte: alla parola novità, Serena rizza le orecchie.
“No, nessuna, ma se hai un attimo, vorrei farti vedere una cosa.”
Il bluff è diventato il mio mestiere.

Quando ho iniziato a lavorare qui, ero il punchball di Olivia: passavo la maggior parte del mio tempo nella stanza delle fotocopie, ma non credevo che ci sarei tornata così spesso.
“Che ha detto il boss?” mi domanda chiudendo la porta.
“La signora è dalla nostra.”
“Lo immaginavo.”
“Ma c’è un’altra cosa che devi sapere.” sussurro soddisfatta mentre Olivia torna a sedersi sulla sedia su cui stava piangendo poco fa.
Prendo posto di fronte a lei e dopo aver fatto un bel respiro, mi pronuncio. “Sono stata da Javier e mi sono presa la libertà di informarlo personalmente che è fuori dal progetto.”
“Sei andata da lui?”
Ho fatto anche di più.
“Ecco… quando hai detto che dovevamo liberarci di quel verme, be’, ti ho preso in parola.”
“In che senso?”
“Ci ha ingannate: ha falsificato il suo curriculum per farsi assumere.”
“Che cosa?” chiede basita alzandosi in piedi. “E tu come fai a saperlo?”
“Non lo sapevo, l’ho intuito e mi sorprende che la signora non abbia controllato.”
La preoccupazione che vedo nei suoi occhi mi fa capire che la mossa che ho definito astuta, forse, non lo è stata.
“Non aveva idea di chi fosse Giammetti, ha aggiunto che Tom Ford e Frida Giannini sono roba vecchia, un professionista che dice di aver lavorato per Valentino e Gucci dovrebbe saperle certe cose.”
“Sono finita.”
“Perché? Non riesco a capire.”
“La signora ha fatto solo il primo colloquio, ma sono stata io ad assumerlo, io avrei dovuto controllare.” conclude in preda al panico.
“E non lo hai fatto?”
“Mi ha fatto una buona impressione, come potevo immaginare che fosse così…”
E lì, mentre lei cerca di trovare un aggettivo per definire Javier e io cerco di dare un’interpretazione più ampia al suo concetto di ‘buona impressione’, la porta si apre e appare lui.
“Esatto: sei stata tu ad assumermi.” esordisce indicando Olivia con un sorrisetto impertinente.
Sono l’ultima persona sulla Terra che può rimproverarlo per aver origliato, ma avrei voglia di prenderlo a calci comunque.
“Cosa ci fai qui?” chiede Olivia fulminandolo con lo sguardo.
“La signora non sarà contenta di sapere che i suoi dipendenti non fanno bene il loro lavoro.”
“Mi stai ricattando?”
“Ricatto: che parola offensiva. Io direi piuttosto che potremmo trovare un accordo ed evitarci tutti quanti un bel po’ di rogne, non credi?”
È un ricatto vero e proprio e sono stata io a mettere Olivia in questa situazione.
“Eva, coraggio, fai ragionare il tuo capo.”
“Sei un lurido verme.” dice lei guardandolo con disprezzo.
Sono sconvolta e anche Olivia ha l’espressione di chi non ha via di uscita.
“Ti piacevo così tanto e ora mi tratti così?” le chiede malizioso avvicinandosi.
La sua insolenza non conosce limiti, ma è in momenti come questo che non rimpiango di aver sposato un calciatore.
C’è una frase di Maradona che Dave mi ha ripetuto all’ignoranza: i rigori li sbaglia soltanto chi ha il coraggio di tirarli, e anche se la mia mira è pessima, so dove andare a parare.
“Credi di averci in pugno, ma ti sbagli.” dico afferrando la maniglia per uscire.
“Eva dove vai?”
Ignoro le grida di Olivia e a passo svelto mi incammino lungo il corridoio.
Il fatto che non mi stia seguendo mi solleva, ma mi auguro che nel frattempo non lo prenda a schiaffi: ci manca solo che si becchi una denuncia per percosse.
Prendo le scale e arrivo alle grandi porte di vetro, dietro le quali mi aspetta Magda.
Prima non avevo notato che il suo look è ancora in modalità sexy: le urla di Olivia mi hanno distratta. E anche se un po’ mi dispiace che il soggetto che ha innescato questo miracolo stia andando a farsi friggere, se ne farà una ragione. Io rischio di perdere molto di più: un lavoro e una colf, non so se mi spiego.
“La signora è libera?” chiedo con affanno.
“Sì, ma non per molto.”
“Vado da lei.”
“Eva aspetta, sta per entrare in riunione con suo figlio.”
La ignoro, mi precipito nel suo ufficio e busso alla porta.
“Sì, chi è?”
“Sono Eva, posso entrare?”
Non le lascio il tempo di rispondere e mi catapulto al suo cospetto. “Devo parlarle.” dico decisa. “È urgente.”
“Cara, ci siamo viste poco fa, ho una riunione tra poco.”
“Lo so, ma le prometto che ci vorrà un minuto.” dico sedendomi di fronte a lei.
“Calmati… sembri sconvolta.” mormora preoccupata.
“C’è un problema, un grosso problema e io sono la causa.”
La signora posa la stilografica sulla scrivania e mi invita a continuare.
“Ho agito da irresponsabile: al momento dell’assunzione di Javier, Olivia mi aveva chiesto di controllare le sue credenziali e io non l’ho fatto. Sono imperdonabile, lo so, ma ho scoperto solo adesso che ha contraffatto il suo curriculum.”
La signora mi guarda con aria severa, non credo che possa considerare l’opzione ‘meglio tardi che mai’ e francamente non la biasimo.
“Non ha mai lavorato da Valentino e da Gucci, non ha alcun tipo di esperienza.”
“Ti rendi conto che stai accusando un collega di un danno gravissimo?” chiede sull’orlo di una crisi di nervi.
“Sì, lo so bene, ma sono sicura di ciò che dico. Se ritiene che la mia disattenzione debba essere punita, lo accetterò di buon grado, ma lui non può passarla liscia.”
“Di questo ne parleremo in seguito, lui dov’è?”
Nella stanza delle fotocopie a ricattare Olivia. Potrei dirle anche questo, ma è già abbastanza furiosa, meglio sorvolare.
“Vuole che vada a chiamarlo?” chiedo con voce tremante.
“Immediatamente.”
I suoi occhi iniettati di sangue suggeriscono di alzarmi all’istante e di portarlo qui anche con la forza, se necessario. Raggiungo la porta e quando la apro, Olivia e Javier sono in silenzio di fronte a me.
“Stavo cercando proprio te. Prego, accomodati: la signora non vede l’ora di scambiare due chiacchiere.” dico sarcastica indicandola alle mie spalle.
Lui, rosso di rabbia, entra e chiude la porta.
Al mio capo basta guardarmi per intuire cosa sia successo in quell’ufficio poco fa.
“Perché lo hai fatto?” chiede commossa.
“Ero venuta a salvarti, non potevo fermarmi a metà.”
“Perderai il posto a causa mia, non voglio. Ora entro e le dico la verità.”
“Sei pazza?” sibilo afferrandola per un braccio. “Ora resti qui. Lasciamo che sia lei a decidere chi licenziare: forse c’è qualcuno che lo merita più di noi.”

Alla fine di questa lunga ed estenuante giornata, esco dall’ufficio con una lavata di testa che ricorderò per sempre, ma ho salvato un’amica, il mio lavoro e, dulcis in fundo, Javier ha firmato le dimissioni per evitare una denuncia.
Tutto sommato, direi che è andata bene.
Olivia non smetteva di ringraziarmi, mi ha chiesto cosa potesse fare per sdebitarsi, le ho risposto di prendersi una settimana di vacanza con Mitch. Mi ha abbracciata ed è scoppiata a piangere.
È lì, mentre salgo in auto per tornare da Paolo, realizzo che questa è solo l’ultima delle novità che gli farò sapere, pare che questa sia la giornata delle confessioni: non posso più rimandare.

CINQUANTASETTESIMO EPISODIO

Illustrazione: Valeria Terranova