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10 Ott

Il cappello è l’accento dell’abito

FRANCESCO BALLESTRAZZI CAPPELLI

Dopo avervelo nominato più volte nei miei articoli, indossando i suoi cappelli, oggi vi presento il designer in persona di quei capolavori: Francesco Ballestrazzi. Ho voluto incontrare il “cappellaio matto” a Parigi, nel mio albergo, per farmi raccontare la sua storia, la sua passione per l’arte in tutte le sue sfumature, come tutto è cominciato e cosa si aspetta dal futuro… . Francesco, com’è nata questa tua passione per la moda? Dentro di me vive un artista e l’artista si esprime in forme diverse: con la pittura, con il disegno, con il ballo e anche con la moda…io credo di averle usate tutte! Amo l’arte in quanto tale… Ho frequentato il Conservatorio, mi sono laureato all’Accademia di belle Arti e dopo un passato come illustratore di libri per bambini, una piccola, ma intensa esperienza nel mondo del ballo, finisco, per esigenze di vita, nel mondo della moda come venditore per uno showroom importante di Milano. In quel momento capisco che il fashion system è un prezioso strumento di comunicazione e decido di volere di più, di volerne sapere di più. Faccio domanda in un’altra azienda e quella che mi assume è Alexander McQueen nel 2010. Dopo qualche mese da loro, mi accorgo che quel “di più” che desidero non è voler diventare a tutti i costi uno stilista o un designer, ma conoscere il metodo. Se il pittore conosce la tecnica per dipingere un quadro, io voglio conoscere quella che sta dietro la costruzione di un abito. Lavoro a fianco di Sarah Burton per quasi due anni, poi arriva Moschino. Mi presento all’appuntamento con il mio book di disegni e la fortuna vuole che stiano cercando una persona che ritragga facce di burattini per gli allestimenti delle vetrine. Inizio a lavorare per loro praticamente da subito e lo staff diventa una nuova famiglia. Imparo alcune tecniche per lavorare tessuti e materiali e ogni volta che viene terminato qualcosa da esporre in vetrina, che sia una grande zucca o un pomodoro gigante, io me lo metto in testa. Le persone con cui lavoro, assistendo a questa scena ogni volta, mi spronano dicendomi: “ma perché non te li fai da solo i cappelli?” E certi consigli, forse, è bene ascoltarli! Inizio con una corona di gigli fatta di carta, ne arrivano altri e decido di pubblicare alcune foto su Facebook, non passano inosservate…a notarle è una stylist di Vogue che chiede di averli. Ringrazio quella buona dose di fortuna che si è messa sulla mia strada e che mi ha permesso di capire che questa è quella che devo seguire. Perché proprio il cappello? Ho sempre avuto una forte attrazione per questo accessorio. Nel tardo ‘800 il cappello si indossava sempre e comunque, rappresentava una sorta di condizione che è andata svanendo negli anni ’60, con la rivoluzione femminile che ha eliminato questo “rigore”. E’ poi tornato in voga negli anni’80 in cui hanno fatto fortuna personaggi come Steven Jones e Philip Treacy, i maestri da cui traggo ispirazione, che hanno rivoluzionato l’idea del cappello, rendendolo così importante da non essere più considerato un semplice accessorio per completare un look. E’ questo che mi ha colpito, letteralmente credo che il cappello sia l’accento dell’abito! Il mondo della moda oggi vive un momento non troppo felice, si dice che tutto sia già stato inventato, ma rimane ancora spazio per gli accessori particolari e in questo tu emergi sicuramente. Cosa provi quando le persone scelgono una tua creazione? La moda deve poter parlare a una fetta di pubblico grande, la semplicità, sembra un gioco di parole, è un linguaggio “facile” che tutti riescono a comprendere, al contrario, la stravaganza ha un “bacino d’utenza” più ristretto, ma pur essendo cosciente che i miei cappelli non sono per tutti, ogni volta che qualcuno ne indossa uno non passa inosservato… è sempre ciò che spero ogni volta immagino una nuova creazione. Sogni nel cassetto? Riuscire ad esprimere ciò ho dentro per fare qualcosa di nuovo, forse non è vero che tutto è già stato fatto, c’è ancora tanto da inventare… Il cappello rimane ancora oggi uno strumento per essere riconoscibili, in questo momento è proprio questo che le persone vogliono e io so di poter dare alla moda quello che oggi manca… . La collezione primavera estate 2013, nelle foto, si ispira al romanzo francese Amazone, che narra dell’avventura di un pianista nella foresta amazzonica. Francesco Ballestrazzi si mette in viaggio su una zattera immaginaria, percorre il Rio delle Amazzoni e ne cattura atmosfera, particolari e colori per renderli protagonisti di 20 nuove creazioni interamente fatte a mano. Piccoli mondi, ecosistemi in miniatura: pappagalli, maestose farfalle, scarabei, vedove nere, lucciole, pantere dal capo vellutato, camaleonti realizzati con materiali diversi: pvc, paste, resine lavorabili, raso, pizzo, velluto e organza. Ma una piccola parte della collezione è dedicata anche a chi ama la semplicità… Francesco, prima di oggi, un cappellino con la visiera non lo aveva ancora inventato!

FRANCESCO BALLESTRAZZI PRIMAVERA ESTATE 2013

FRANCESCO BALLESTRAZZI PRIMAVERA ESTATE 2013

FRANCESCO BALLESTRAZZI SS13

FRANCESCO BALLESTRAZZI PRIMAVERA ESTATE 2013

FRANCESCO BALLESTRAZZI SS13

FRANCESCO BALLESTRAZZI AMAZONE

FRANCESCO BALLESTRAZZI PRIMAVERA ESTATE 2013

FRANCESCO BALLESTRAZZI PRIMAVERA ESTATE 2013

FRANCESCO BALLESTRAZZI PRIMAVERA ESTATE 2013

FRANCESCO BALLESTRAZZI PRIMAVERA ESTATE 2013

FRANCESCO BALLESTRAZZI PRIMAVERA ESTATE 2013

FRANCESCO BALLESTRAZZI PRIMAVERA ESTATE 2013

CREM'S BLOG

I have talked about him in my posts many time, I have worn his hats And today I am glad to introduce you to the designer of these marvellous creations: Francesco Ballestrazzi. I met the “mad hatter” at my hotel in Paris, and I asked him to tell me his story, his passion for art in any form, how everything started and what he expects from the future… Francesco, how did this passion for fashion started? I’d say I’m an artist and artists express themselves in different ways: paintings, drawings, dance and fashion…I have used all of them! I love art of any kind and nature… I studied at the Music Conservatory, I graduated at the Art Academy I worked as an illustrator for children books, I had a short yet intense experience in the world of ballet, and then I started to work for an important fashion showroom in Milan. In that precise moment I realised that the fashion system is a precious communication tool and I wanted to find out more, much more. I applied for another position in the fashion industry and I was employed by Alexander McQueen in 2010. After some months working there, I understood that “much more” I was longing for It’s not to become a fashion designer at any cost but to learn the method. If a painter knows painting techniques I want to know what there’s behind the making of a dress. I worked hand-in-hand with Sarah Burton for two years and then Moschino. I went to the appointment with my book of drawings and they were exactly looking for someone to portray puppet’s faces for their show windows sets. I started immediately and the staff became my family. I learnt techniques to manufacture different fabrics and I fixed in my mind every single creation, be it a pumpkin or a giant tomato. People I was working with urged me saying: “Why don’t you create your own hats?” and some advice is always worth listening to! I created a lily crown made of paper then others and I started to post my creations on Facebook, They don’t go unnoticed…a stylist of Vogue magazine wants them. I was lucky as I had the opportunity to follow my passion and build my career on it. Why hats? I’ve always had a sort of attraction for this accessory. In the nineteenth century hats were an integral part of any outfit, they were worn everyday And expressed a lifestyle that then disappeared in the sixties with the feminist revolution that totally abandoned this “austerity”. In vogue again in the eighties, the years of artists of the calibre of Steven Jones and Philip Treacy, who are my sources of inspiration and revolutionised the concept of hat, making it extremely important and not a mere accessory to add a final touch to an outfit. This is what impressed me much, I literally believe that the hat is the accent of a dress! The world of fashion is not experiencing a happy moment, It is said that everything has already been invented but there’s still a place for Special accessories and in this you stand out for sure. How do you feel when people choose to wear your creations? Fashion must be able to communicate with a large audience, Simplicity, in a pun, is a “simple” language and everybody can understand it, On the contrary, extravagance has a more restricted audience, I am aware that my hat are not for everybody, Every time you wear one of my hats you won’t go unnoticed… and this is exactly what I hope when I imagine a new creation. Any secret dream? Being able to express all my inner world to create something new, Perhaps it’s not true that everything has already been invented, there’s is still something new to create… Hats are, still today, accessories that make you different and recognizable, and this is what people want now I know I can bring to fashion something that is still missing… . The spring-summer 2013 collection, in the photos, has taken inspiration from a French novel, Amazone, telling the adventure of a pianist in the Amazonian forest. Francesco Ballestrazzi sets off on an imaginary raft, he sails on the Amazon river and captures its atmosphere, details and shades that are the protagonists of 20 new creations, entirely hand-made. Small, little worlds, eco-systems in miniature: parrots, majestic butterflies, beetles, black windows, glow-worms, velvety panthers, chameleons made of different materials: pvc, pastes, resins, satin, lace, velvet and organza. A small part of the collection is dedicated to those who love simple things… Francesco had never invented a baseball cap before!