“D’accordo…lo ammetto…qualche bugia, se così vogliamo chiamarla, deve essermi sfuggita…ma non è da tutti reinventare il proprio passato, immaginarlo come si vorrebbe e raccontarlo in maniera tanto credibile, diamine! Piangermi addosso?!? E perché mai? C’è ben altro per cui piangere! All’inizio la vita, più che sorridermi, mi ha fatto qualche smorfia, ma mi ha insegnato tanto…anche più di ciò che mi aspettassi d’imparare. Ho preferito dare del mio passato una versione avventurosa, un po’ come quando si legge un libro e ci si identifica col personaggio più interessante, seguendone la vita e credendo di vivere la propria, convinta che l’allegria, la dolcezza, l’arte, il lusso e l’amore si trovavano dove io non ero veramente. Ho preferito raccontare che mio padre non aveva lasciato me e le mie sorelle in un orfanotrofio, dopo la morte di mia madre, e ancora, che non erano state delle suore ad occuparsi della mia educazione, ma due vecchie zie a cui non piacevo affatto. Ho preferito raccontare che quell’uomo che ci aveva abbandonato non lo aveva fatto per liberarsi di noi, ma perché di noi non poteva occuparsi per cercare di far fortuna in America. Ho preferito raccontare che il soprannome con cui tutti mi conoscono, COCO, fosse d’invenzione paterna e non il nomignolo con cui mi chiamavano gli spettatori che assistevano ai miei balletti di cabaret, sulle note di “Qui qu’a vu COCO dans le Trocadéro“. Ho preferito raccontare di aver incontrato Etienne Balsan durante una vacanza da un nonno che non ho mai conosciuto. Ma è vero che quell’uomo per cui nutrivo affetto, Balsan, mi ha fatto amare i cavalli e mi ha fatto pensare che quello che cavalcavo ogni giorno sapeva farmi sentire così importante da paragonarlo al mio primo trono. Quell’uomo che pensavo di amare, mi ha fatto scoprire un mondo nuovo, un mondo che non conoscevo, fatto di persone imprigionate nelle apparenze e nelle forme, prigioniere di un’impressione che volevano dare, prigioniere dei loro gesti che tentavano di rispettare le regole di un gioco fra ricchi. E anche se ho mentito su Pau, il luogo in cui ho conosciuto Boy Capel, è però vero che lo sguardo di quell’uomo sensibile è riuscito a sciogliere la corazza del mio cuore e la solida armatura delle mie ambizioni. Dopo il suo arrivo nella mia vita, ho pensato che tutto poteva essere raccontato con sincerità…tutto poteva essere vero, perché veramente lo amavo e veramente ero amata. Buono quanto bello, generoso quanto ricco, arguto quanto nobile. Tutto ciò che mi era mancato si fondeva in lui, mi ha collocato nella realtà, mi ha ascoltato ed è riuscito a darmi l’impressione che anch’io avessi qualcosa da dire e che il mondo avesse voglia di starmi sentire. Ha realizzato i miei sogni e ha appagato il mio cuore. Ha sostenuto la mia idea d’indipendenza, di libertà, permettendo al mio stile di uscire e di incuriosire anche chi non era abituato a vederlo. Lui amava il mio spirito, le donne il modo in cui mi vestivo. La mia libertà poteva essere anche la loro e nel mio modo di fare moda c’era il desiderio di alleggerire non solo il loro aspetto, ma anche il loro spirito. Avevo vent’anni quando ho fondato la mia casa di moda grazie all’uomo dei miei sogni…che li ha sempre alimentati, fino a che ha potuto farlo…fino a prima di morire. Sono andata avanti, ho continuato a fare ciò che avevamo iniziato insieme e l’ho fatto perché la mia non era la creazione di un’artista, come si può pensare, né quella di una donna di affari, ma l’opera di un essere che cercava solo la libertà, la voglia di evadere e di diventare centro di un universo di mia creazione. E le passioni hanno sempre l’ultima parola, si celano in un mazzolino di violette o in un banale gesto caritatevole, capace di scacciare la severità e l’austerità di cui era piena la mia infanzia…e i ricordi spesso, col passare del tempo, si offuscano e cambiano aspetto.”
“Well…I must confess…some lies, if we want to call them so, must have slipped out…but it’s not for everyone to reinvent one’s own past, imagine it as you wanted it to be and in such a credible way, blimmey! Crying my eyes out?!? And why then? There are other things made for crying! At the beginning life didn’t smile at me but grimaced instead but taught me a lot…more than I expected. I preferred to give an adventurous look to my past, as if reading a book and identifying with the most intriguing character , living their life and believing that the same cheerfulness, sweetness, arts, luxury and love were part of my life too even if they weren’t at all. I preferred to tell that my father hadn’t left me and my sisters in an orphanage after my mum’s death and I didn’t want to tell that I wasn’t raised by nuns but by two old aunts who didn’t love me at all. I preferred to tell that man who had left us hadn’t done that to leave us alone but because he had gone to America to make his fortune. I preferred to tell that my nickname, COCO, was the name my dad had given me and not the name of the audience of my cabaret dance on the tune of “Qui qu’a vu COCO dans le Trocadéro“. I preferred to tell that I had met Etienne Balsan during a holiday to visit a grandfather that I’ve never known. But it’s true that man I loved, Balsan, taught me the love for horses so that when I was galloping I thought I was a real queen. That man I love made me discover a brand new world, a world I didn’t know, made of people trapped by appearance and conventions, prisoners of the impression they wanted to make, prisoners of their gestures respecting the rules of a game for the rich. And even if I lied on Pau, the place where I met Boy Capel, it’s true that the look of that sensitive man was able to melt the armour of my heart and the solid cuirass of my ambitions. With him, I started to think that everything could be told with the utmost sincerity…as I truly loved him and I felt he truly loved me too. Handsome and sweetheart, generous and rich, clever and noble. Everything I hadn’t had in my life before was with him, he taught me life, he listened to me and made me believe that I had something to say and the world was there to listen to me too. He fulfilled my dreams and satisfied my heart. He supported my idea of independence, of freedom allowing my style to come out and to impress the others. He loved my soul and my style for women. My freedom could have been theirs too and in my way of doing fashion there was the desire to release a woman’s appearance but her soul too. I was twenty when I founded my fashion maison thanks to the man of my dreams…who has always supported me…till the end of his days. I kept on doing what we started together and I did that not because I was an artist, or a business woman but the work of someone looking for freedom, the desire to escape and become the centre of my personal universe. And passions always have the last word, they hide behind a bunch of violets or behind a simple act of charity, able to get rid of the rigour and austerity of my early childhood…and, over time, memories fade and change their look.”
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Questo post è stato scritto dopo essermi documentata e prende ispirazione dal libro di Louise de Vilmorin – Coco Chanel