abato il mio telefono mi ha lasciato. Una morte lenta, accelerata dagli accidenti che gli tiravo ogni volta che si incriccava. Poi si è spento. Vigliacco, gli sussurro, non si fa così.
Proprio oggi che devo scrivere come va a finire tra Robert e Jo. Prendo il telefono di mio marito e cerco su Google qualcuno che ripari/venda/sostituisca iPhone. Risponde un tizio dalla voce affabile, io gli passo sopra come un caterpillar.
“Senta, guardi, buongiorno. Io ho un 7 plus che fa i capricci, anzi, fa proprio come gli pare: si spegne, si accende, non sente i tasti. E io non posso stare senza telefono. Capisce? Quindi, nella peggiore delle ipotesi: se non ci fosse più niente da fare, ma riuscissi a trovare la forza di andare avanti senza di lui e sostituirlo con uno nuovo, lei lo avrebbe?”
Lo immagino scioccato con il portatile all’orecchio, mentre si domanda se fare leva su un improvviso raptus di bontà e dare udienza a questa squilibrata, o buttare giù il telefono e basta. Ma il bene vince sempre.
“Me lo porti e diamo un’occhiata.”
Vieni con me, piccolo traditore, dico gettandolo con disprezzo nella borsa. Salgo in macchina e vado dritta a destinazione: la missione “Salva la vita al mio iPhone” ha inizio. Entro, mi arrampico al bancone come Rose di Titanic al pezzo di legno, e imploro il commesso di fare qualcosa per salvarlo, per salvarmi, per salvarci tutti e basta.
“Signora, me lo lasci: martedì o mercoledì le dico cos’ha. Okay?”
Il fatto che mi chiami signora e che mi dia del Lei di certo non aiuta. Non so se a irritarmi sia questa cosa della vecchiaia o il fatto che mi abbia detto martedì/mercoledì. Questo è pazzo. Non se ne parla.
“Senta, non so se mi sono spiegata: io con il telefono ci lavoro. Non posso stare senza nemmeno un giorno. Sono una scrittrice, ho un gruppo di lettrici fantastico, devo finire di scrivere una storia…”
Il tizio mi guarda con un espressione traducibile in: datti una calmata.
“Posso provare a fare un backup, ma non garantisco nulla…”
“E se ne comprassi uno nuovo?” chiedo sentendomi con le spalle al muro.
“In quel caso ci sarebbe il rischio di trasferire il problema del vecchio telefono a quello nuovo: non è una buona idea.”
Vorrei precisare che il mio telefono non è vecchio, ha appena compiuto un anno, che detesto gli aggiornamenti, e che la Francia ha fatto bene a prendersela con Apple, ma poi decido che è meglio impiegare il mio tempo a pregare: qui mi serve un miracolo. A volte credo di essere vittima dei miei racconti, un piccolo Kafka che si sacrifica ai fini narrativi. E per ovvie questioni di copione, la situazione peggiora.
“Signora, dunque, adesso devo fare una manovra: se va bene, bene. Se non va bene, perde tutto.”
In quel momento, mi passa davanti tutta la vita per immagini: anche quelle delle Maldive che mi sono messa a guardare l’altro giorno, ignara che quella sarebbe stata l’ultima volta.
“No, un attimo: come perdo tutto?”
“Non abbiamo altra scelta signora.”
Ari daje.
“Lei al mio posto cosa farebbe?” gli chiedo.
Lui mi chiuderebbe la testa in un Mac book Air, glielo leggo in faccia, e capisco di non avere scelta: acconsento alla manovra. Il telefono ce la fa, ma il touch screen continua a non dare cenni di vita.
“Ecco, allo stato attuale, il telefono non funziona, ma il problema al software sembra risolto.”
“Traduca quel ‘sembra’…”
“Se vuole possiamo portare il contenuto del vecchio telefono su uno nuovo.”
“Quindi non ho scelta? Devo comprarne uno nuovo?”
“O aspettare martedì/mercoledì…”
Non ho scelta. Valerio – alla fine scopro che si chiama così – prende la scatola di iPhone X. Appena la apre, parte la colonna di Star Wars e veniamo abbagliati dalla luce blu della spada di Obi-Wan Kenobi. Estrae il telefono e me lo mostra:
“Per Apple questo smartphone rappresenta il top della gamma. Ha uno schermo 5,8 pollici senza bordi che occupa quasi tutta la superficie frontale, ad eccezione di questa piccola rientranza.” dice indicandola, “Telecamera frontale, doppia telecamera posteriore da 12 megapixel, e per finire…un sistema che consente il riconoscimento facciale in 3D.” conclude soddisfatto.
La procedura sembra immediata, ma come ho detto: il povero Kafka che risiede in me può ancora sorprenderci.
“Ora dobbiamo inserire il codice segreto per attivare la ID di Apple e iniziare a trasferire i dati.”
Io lo ascolto in trepidante attesa, ma proprio nel momento in cui il mio vecchio e stanco iPhone dovrebbe fare l’ultimo sforzo e fornire i sei numeri che mi porteranno nel fantastico mondo di ICloud, lui muore.
“A questo punto, signora, me lo lasci fino a martedì, lo rimettiamo in piedi e facciamo partire il nuovo. Okay?”
Il problema è semplice, lo capirebbe anche un bimbo di sei anni:
Enrica va a comprare X, il telefono più bello del pianeta. Dopo averlo pagato, ha zero soldi in tasca. La domanda non è: quanto ha speso? Ma perché ha comprato un telefono nuovo se così com’è non le serve? E la soluzione è una sola: tra tutte le nuvole di iCloud a disposizione, non poteva che capitarmi quella del solito tragico Fantozzi.
Illustrazione: Valeria Terranova