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8 Lug

“L” like Louis Vuitton

 

"L" like Louis Vuitton

C’era ancora caldo. Tantissimo caldo. Forse in realtà non era neanche la temperatura dell’aula, quanto il mio corpo che sudava , in preda ad uno sfogo emozionale. Era il mio primo giorno di scuola. Avevo sei anni. Attorno a me era tutto rumore, uno strato denso e soffocante di rumore. Non mi azzardavo a guardare negli occhi gli altri bambini; uno sguardo sì, ma di sfuggita. Dentro di me una vocina gracchiante di paura urlava: –Voglio andare a casa! – Non ci volevo stare lì. La mamma mi aveva detto che avrei imparato anche a scrivere. E se non fossi stata capace? Qualche lettera la conoscevo già ma come avrei potuto ricordarmele tutte? Erano così tante. Ventuno per la precisione. Ventuno è tantissimo. Un bimbo mi osservava da un banco vicino al mio. Era grande, grosso e sembrava anche sporco, trasandato. Abbassai lo sguardo verso i miei piedi. Che brutti piedi! Che brutte scarpe! Mia madre non mi ascoltava mai quando era ora di comprare le scarpe, lei diceva che dovevano essere comode, io avrei preferito di gran lunga che fossero belle, non comode! Quando possiedi una cosa bella tutti ti guardano sorridendo. Diventi forte, è come avere la spada laser da Jedi, ti senti invincibile. Io non possedevo tante cose belle. Forse la bicicletta ma non potevo portarla a scuola, era proibito. Nel mio quartiere c’erano due bambine che avevo conosciuto proprio quell’estate, appena mi ero trasferita. Avevano fiocchi bellissimi nei capelli, scarpe da ballerina, vestiti che solo a fare un giro danzavano come le onde del mare. Io sempre l’odioso vestito a campana. Potevo piroettare quanto volevo, ma non saliva, si infagottava. Ad un tratto nell’aula, il silenzio. La bidella portò dentro una signora, bellissima. Che bei capelli lunghi e come era abbronzata.. Lei ci guardò tutti, sorrise e disse: – Ciao, sono la vostra maestra, mi chiamo Anna.- Salutai. Bisogna sempre salutare, è educazione. Lei mi guardò  e io mi innamorai subito. Era vestita in maniera molto elegante, di chiaro. Dalla borsa tirò fuori un oggetto e lo appoggiò sulla scrivania. Era un astuccio, marrone, con stemmi e lettere.Una era una L, sono sicura. Era tra le lettere che già conoscevo. Era diverso dai nostri astucci infantili, troppo colorati , troppo grandi e con i colori incatenati da elastici che si rompevano facilmente. Mi fissai su quell’oggetto e una parte della mia tensione svanì. Era bellissimo. Come lei. Era una cosa da grandi, come lo era lei. Era elegantissimo, come avrei voluto diventare io. Sono passati più di trent’anni da allora, ma me lo ricordo come se oggi. Non sapevo che si trattava di Louis Vuitton , lo scoprii dopo diverso tempo. Mi promisi, però, che un giorno anch’io avrei avuto qualcosa di simile. La mia promessa è stata mantenuta. Ecco, in quella mattina di inizio autunno, tra il caldo, la timidezza , la paura e tutto quel vociare di bambini, ricordo ancora la nascita di un sogno esaudito.

It was still hot. Boiling hot. Perhaps it was not the heat in the room but my body sweating like an emotional rush. It was my first day of school. I was six. Around me only noise, a strange, dense, unberarable noise. I didn’t dare to look at the other children; only a glimpse but not a direct look. Inside me a voice was screaming in terror: – I want to go home!- I didn’t want to stay there. Mum told me I would have learned to write. And what if I wasn’t able?I already knew some letters but how could I remember all of them? They were so many. Twenty-one to be precise. Twenty-one are too many. A child was looking at me from his desk. He was big and tall, he also looked dirty and shabby. I looked at my feet. How ugly! How ugly shoes I was wearing! My mum never listened to me when buying shoes, she said shoes had to be comfortable, I would rather wear nice shoes than comfortable ones! When you have something nice on, everybody smiles at you. You get stronger, a bit like having the Jedi sword, you are invincible. I didn’t have many nice things. maybe my bike but I couldn’t bring it at school. In my neighborhood I met two girls that summer, when I moved there. They had marvellous ribbons in their hair, ballerina shoes and dresses dancing as if the waves in the sea. I always had my horrible bell-skirt dress on. I could try as many pirouettes I could but it never turn, it just muffled. At some stage in the room it was silence. The school-assistant brought in a beautiful lady. Amazing hair and amazing sun-tan. She looked at us and said: – Hi everybody, I am your teacher, my name is Anna.- I said hello. You always have to say hello, it’s a question of good manners. She looked at me and I fell in love, all of a sudden. She was wearing an elegant bright dress. She took out something from her bag and placed it on her desk. It was a pencil-case, brown, with letters printed on it. It was a L, I’m pretty sure. It was one of the letters I already knew. It was different from our childish pencil-cases, too colourful, too big and with crayons locked by elastic bands that unavoidably broke. I stared at that object and part of tension disappeared. It was beautiful. Like her. It was a thing for adults. Like her. It was so elegant, like I would have become. Thirty years have passed since then but I remember it so clearly. I didn’t know it was Louis Vuitton, I found out year after.  However I promised myself one day I would have had something similar. My promise was kept. On that day in fall, the heat, my shyness, the fear and that noise, I still remember the birth of a dream fulfilled.

"L" like Louis Vuitton

"L" like Louis Vuitton

"L" like Louis Vuitton

christian louboutin ss15

"L" like Louis Vuitton

Dress: VIVETTA

Sandals: CHRISTIAN LOUBOUTIN

Earrings: CHANEL

Bag: LOUIS VUITTON