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Dic
el mese di dicembre, a fronte delle trasferte settimanali preventivamente programmate per promuovere il mio libro — che neanche Dante dopo la Divina Commedia — ho deciso di risparmiare tempo tenendo la valigia sotto il letto.
E seppure per una donna riempirla non sia mai cosa semplice, anche stavolta ce l’ho fatta. Il necessaire della mia avventura romana comprende:
1 blazer nero con volant lilla sulle spalle in stile ‘Mrs Mazinga Z’, comprata con Ringhio da Zara la settimana precedente.
1 pantalone nero con banda smoking e orlo a penzoloni — che fingerò di aver scucito in loco, pochi secondi prima della presentazione con il tacco della scarpa che ho scelto per l’occasione.
1 Manolo Blahnik comprata a Saint Tropez un mese fa, a soli trenta euro Iva compresa.
Io e Valeria prenotiamo un albergo in centro, proprio di fronte alla Fontana di Trevi, giusto per poter raggiungere a piedi la location di stasera. Arriviamo quasi in contemporanea e apriamo le valige.
“Amo, guarda…” dico mostrandole mortificata l’orlo dei pantaloni.
“Oddio che è successo?”
“Si è scucito, ma me ne sono accorta solo stamattina…”
Valeria guarda la giacca che riconosce e suggerisce la più geniale delle soluzioni, quella a cui avevo pensato pure io.
“Perché non andiamo a cercare il pantalone uguale e fai il completo?”
“Non è un po’ too much?” chiedo fingendomi poco convinta per essere certa della sua benedizione.
“Andiamo…”
Mi prende sotto il braccio e usciamo dalla stanza, Zara è proprio qui dietro.
Come al solito mi lascio prendere la mano e mi presento alla cassa con i pantaloni che faranno coppia con la giacca, un abito nocciola in finta pelle, una camicia bianca a pois trasparente, un body color carne e un cerchietto sberluccicoso perché a Natale puoi. E dopo aver risolto il problema dei pantaloni e incastrato un pranzo veloce, io e Ringhio ci mettiamo in marcia verso la Galleria Alberto Sordi, dove abbiamo appuntamento con Silvia, una delle mie lettrici che stasera non potrà esserci, ma che desidero incontrare.
“Non pensavo venissi davvero.” confessa timidamente.
“Io? Non darei buca nemmeno a mia suocera!” ribatto divertita.
Silvia ha iniziato a leggermi per caso, quando Ilaria, la ragazza di suo figlio che ora aspetta un bimbo, le gira il link della mia pagina. Ma seppure gran parte del mio pubblico sia adulto, sapere che qualche giovincella mi considera, mi inorgoglisce e non sono fatti isolati. Diletta, per esempio, 100% teenager, è riuscita a vincere la t-shirt di Prêt-à-bébé senza leggerlo. Stasera ci sarà ed è una delle poche che non ha avuto il contrattempo dell’ultimo minuto. E dire che solo per gli ospiti che mi faranno compagnia, varrebbe la pena partecipare:
Livia Azzariti, il volto di Unomattina, una delle conduttrice più amate della televisione, che oggi segue attivamente un’organizzazione no-profit con lo scopo di prestare cure ai bambini nati con gravi malformazioni al volto; il Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini — che se lo sapesse Fantini, il mio vecchio prof delle superiori, si indignerebbe ripensando alle mie interrogazioni — e Simona Izzo, per cui ho un’adorazione da quando sono bambina.
La presentazione è alle sei, ma io e Valeria arriviamo con un’ora di anticipo, ma non a piedi, in taxi, perché quelle Manolo, che sembravano essere l’affare dell’anno, sono scomodissime. Ora capisco che l’affare lo ha fatto chi se ne è liberato. Ma pazienza, non saranno loro a fermarmi.
La Società Dante Alighieri è stata fondata alla fine dell’Ottocento da un gruppo di intellettuali guidati da Giosue Carducci — continuo a sperare che Fantini non inciampi in questo articolo — e si trova all’interno di Palazzo Firenze, quello che una volta è stato la sede del ministero di Grazia e Giustizia. Il mio agente letterario e Carmen, il suo braccio destro, ci stanno aspettando nella loggia del pianterreno.
Entro e ho quasi l’impressione che qualcuno, dall’alto, stia cercando di attirare la mia attenzione: forse Fantini, nel frattempo passato a miglior vita?
Sollevo lo sguardo e mi accorgo che da uno degli affreschi sul soffitto, è proprio Giove a osservarmi: che Dio me la mandi buona — in tutti i sensi.
Alla fine me la manda buonissima.
La Gelmini non riesce a raggiungerci perché è stata trattenuta in Parlamento: il mio passato scolastico non uscirà allo scoperto. Riesco a rispondere a tutte le domande di Livia senza incartarmi, e Simona mi pone la più bella in assoluto:
“Quale parte vuoi che legga?” chiede sfogliando il mio libro.
Lei era la voce dolce dei Raccontastorie che ascoltavo da piccola, quella sensuale di Kim Basinger in 9 settimane e ½ e anche quella conturbante di Glenn Close in Attrazione fatale, e ora userà la stessa voce per leggere qualcosa che ho scritto io in prima persona? Vorrei che sulla scrivania, invece del microfono, ci fosse un megafono per gridarlo a tutta Roma, ma mi trattengo.
“A me piace molto l’inizio.” rispondo sorridendo.
Simona si alza, legge e tutti la ascoltano divertiti. In quel momento, realizzo che seppure le presentazioni spesso mi terrorizzino, questa mi ha letteralmente emozionato. E io che pensavo che il mio romanzo non si prestasse per un audiolibro e invece mi sbagliavo: si presterebbe eccome — se fosse lei a recitarlo.
Quando tutto finisce, capisco che ora c’è una nuova missione che mi aspetta: fare in modo che l’audiolibro non rimanga solo un sogno, ma diventi una solida realtà. Magari ci faranno pure un film: l’ha detto anche lei che, così com’è scritto, è già una sceneggiatura. Che sia la fame a farmi vaneggiare? Può essere, meglio mangiare qualcosa o tra quattro minuti inizierò ad avere le visioni di me stessa alla notte degli Oscar, mentre stringo la statuetta destinata a Di Caprio.
Pizza con Mario, il mio amico d’infanzia che è appena diventato papà, poi, giretto turistico per il centro in cui lui svela a Valeria dove viveva Caravaggio. Mario punta il dito verso la finestra di quella mansarda in cui dipingeva e lei si sente mancare: l’arte le fa sempre questo effetto. Sventiamo lo svenimento e ci diamo la buonanotte davanti alla Fontana.
Che serata memorabile, penso la mattina seguente, quando sono seduta in treno per tornare a casa, ma mentre sto per mettermi a scrivere la puntata di lunedì, il telefono suona. Non riconosco il numero di cellulare, ma rispondo ugualmente. Capisco solo che è una donna, il nome mi sfugge perché sono appena uscita da una galleria. La signora si scusa più volte, mi dice che le dispiace essere mancata, che non è sua abitudine, ma purtroppo le aule erano impegnate e i tempi erano troppo stretti per raggiungermi.
Immagino che sia una professoressa di una scuola di Roma, la rassicuro e la ringrazio per essere stata così gentile da chiamarmi.
Lei si complimenta per la mia ironia e aggiunge che dal mio romanzo ha imparato qualcosa. Ci salutiamo, la telefonata si conclude. E mentre me ne sto lì, ripensando al riguardo che ha avuto nei miei confronti, la parola ‘aule’ pronunciata da lei poco fa, mi accende la classica lampadina. Ecco chi era: Mariastella Gelmini e le aule non erano quelle di una scuola, ma quelle parlamentari. Il ministro dell’istruzione mi ha appena chiamato per dirmi che lo ho insegnato qualcosa… È la mia rivincita scolastica, ma è meglio che Fantini non lo venga mai a sapere.
Illustrazione: Valeria Terranova