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30 Gen

La signora dagli occhi di ghiaccio

not for fashion victim enrica alessi

 

 

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La signora dagli occhi di ghiaccio non me li toglie di dosso. Le sorrido, ma non mi sento a mio agio. Forse a causa della gonna poncho che nascondo sotto il cappotto? Può essere, ma non è solo questo. Avevo immaginato i genitori di Luca in modo diverso, come una strana coppia di signori dallo stile country e invece sembrano usciti da un set di Hollywood.
“Melissa, ti va di venire in cucina a darmi una mano?”
Luca deve aver capito dal mio sguardo che lo sto implorando di portarmi via di qui.
“Sì, andiamo.”
Sorrido ai genitori per congedarmi, anche se per poco, lui mi prende la mano mettendomi in salvo.
“Tutto bene? Sei tutta rossa…”
“Sono emozionata.” bisbiglio.
Sorride, è divertito.
“Tesoro, stai sudando, togliti il cappotto.”
“Non posso.”
“E perché?”
“Tu non sai cosa si nasconde qui sotto.”
“Credo di saperlo…”
“Smettila!” dico colpendogli la spalla in modo scherzoso. “Potevi dirmi che loro sono i topini di città: avrei evitato di vestirmi da topina di campagna!”
Lui scoppia a ridere.
“Mi piace: topini di campagna contro topini di città.”
“È la verità: tua madre è elegantissima e io ho scelto la mise peggiore per conoscerla.”
“Forza: fammi vedere che c’è lì sotto.”
Inizio a slacciarmi il cappotto dall’alto.
Il primo, il secondo bottone, poi mi fermo.
“Faccio una premessa: ho studiato questo look con Cassandra, parte della responsabilità è sua — io avrei preferito una cosa alla Sue Ellen…”
“Chi?”
“Non hai mai visto Dallas?”
“No.”
“Lascia perdere. Stavo dicendo…”
“Melissa: spogliati.”
Be’, se la mette così, sarà meno doloroso.
Mi slaccio il cappotto senza esitare, lo tolgo e lo appoggio sulla sedia: la mia gonna poncho è uscita allo scoperto.
“Wow! Mi piaci!”
“Stai scherzando?” chiedo incredula.
“La camicia di jeans è fotonica…”
Fotonica? Ma li ha visti gli inserti in pelle?
“E anche la gonna! Assomiglia a un poncho, saresti perfetta per un rodeo!” conclude entusiasta.
“Un rodeo… certo!” dico isterica. “Peccato che l’invito fosse per una cosa diversa… a tua madre non piacerà e io voglio uccidermi. Anzi, prima uccido Cassandra.”
“E invece dovresti complimentarti con lei per la scelta originale.”
Quindi siamo due contro uno?
“Una scelta originale che tua madre boccerà all’istante.” puntualizzo.
“A mia madre piaceresti in ogni salsa, non preoccuparti. Mi chiedo, piuttosto, come sia riuscita a convincerti.”
Bella domanda.
Non so perché, ma ho la netta sensazione che la first lady che ci aspetta in salone non sarà facile da conquistare. A questo punto, ritengo che sarebbe meglio vuotare il sacco e raccontargli del baratto, giusto per chiarire che ho assecondato la mia amica per una giusta causa.
“Be’ vedi… non ero per niente convinta, ma lei continuava a insistere, sembra che questa gonna le stia particolarmente a cuore. Le ho ripetuto che non era il mio genere, ma lei mi ha proposto uno scambio che non ho potuto rifiutare.”
“Cioè?”
Vedo lo spasso nei suoi occhi: sarà imbarazzante ammettere che ho barattato la mia dignità per un nome di battesimo.
“Per citarla: ‘se stasera ti metti questa gonna, darò il tuo nome a mia figlia.’”
Luca scoppia in una risata fragorosa.
“Anche io avrei accettato al posto tuo.”
“E non è finita qui.” aggiungo. “Abbiamo fatto un accordo scritto — sai, i suoi ormoni sono volubili ultimamente — e per concluderlo, devo mandarle una mia foto per dimostrare che mi sono presentata qui, vestita così.”
Luca è eccitato, la sua espressione è traducibile in: ‘cosa mi sono perso fino a ora? Perché non ti ho conosciuto prima?’ E nonostante tutto questo mi lusinghi, mi verrebbe da ricordargli che abbiamo abbandonato i suoi genitori nell’altra stanza già da cinque minuti.
“Forza, mettiti in posa…”
“Dove?” chiedo basita.
“Lì, vicino al piano cottura, accanto al forno in cui sta cuocendo il branzino.”
Branzino?
Okay, come se non bastasse è una cena a base di pesce e io ho portato un buon Chianti: peccato che il dottor Lecter non sia stato invitato.
“Anzi, facciamoci un selfie, a Cassandra verrà un colpo.”
Ora anche io inizio a divertirmi.
Ci mettiamo in posa, sorridiamo, ma mentre Luca sta scattando, la voce di sua madre, da dietro la porta, ci interrompe.
“Ragazzi…”
Sento il clic del telefono: l’obbiettivo ha immortalato i soggetti. Mi dispiace solo che la mia faccia, a causa del richiamo, non abbia colto lo spirito iniziale con cui avevamo concepito lo scatto.
“Stiamo arrivando.” grida Luca. “Manda le prove alla tua amica, nel frattempo impiatto gli antipasti.”

La porta scorrevole della cucina si apre come un sipario: è giunto il momento di fare il mio ingresso. Olè.
Aiuto Luca a servire gli antipasti, i suoi genitori sono già seduti a tavola e la signora dagli occhi di ghiaccio mi fissa.
Non riesco a definire la sua espressione. Curiosa? O piacevolmente incuriosita? La gonna poncho ha indubbiante catturato la sua attenzione, mi stupirebbe il contrario, ma ammetto che non vedo l’ora di sedermi per nasconderla sotto la tovaglia.
Le postazioni: io sono accanto a Luca, di fronte a lui, sua madre; a me è toccato il prode Achille e francamente preferisco.
Guardo la tavola imbandita: non sapevo che Luca sapesse cucinare, tantomeno il pesce che è abbastanza impegnativo.
Mi porge il piatto con i quattro assaggi, avrei voglia di complimentarmi, ma c’è troppo silenzio.
È questo il vero problema degli incontri formali: la conversazione. È impossibile stabilire con anticipo gli argomenti che si tratteranno, ma allo stesso tempo, decidere così su due piedi di cosa parlare è difficile, specie per me. Perché nessuno dice niente?
I miei occhi tornano su Achille che mi sta di fronte: ha gli stessi occhi di suo figlio, ma di un colore diverso, più intenso. Ha le mani curate e una fede lucida al dito. Mi fa strano vederla a un uomo, o forse è solo perché mio padre non la porta mai.
È lui a rivolgermi la parola per primo.
“Allora Melissa, Luca ci ha detto che sei un veterinario…”
“Sì, esatto.”
“Da quanto tempo?”
“Da quattro anni.”
“E lavori nella zona?”
“Sì, nella clinica veterinaria della città.”
“È molto distante da qui?”
“Solo pochi minuti.”
Sembra un po’ puntiglioso. Ma prima che mi chieda il tragitto da casa mia alla clinica, minuto per minuto, il mio sguardo si sposta inaspettatamente su Mila.
“Un dottore dallo stile particolare.” dice sorridendo.
È seria? La domanda è lecita. Mi verrebbe da precisare che lo stile in questione non è proprio il mio, ma preferisco prenderlo come un complimento.
“Mia madre lavora per una rivista di moda, lo sapevi?” mi chiede Luca.
No. Certo che no. Se lo avessi saputo, non solo non avrei scelto questa gonna, non mi sarei neppure presentata.
Lui è un cowboy, è un ragazzo semplice, è un topino di campagna come me, come potevo immaginare che sua madre fosse un clone di Miranda Priestly? Devo stare calma: sarà sicuramente una rivista locale.
“Davvero?” chiedo tentando di mascherare l’ansia che mi sta divorando.
“Sì, sono la direttrice di Grazia.”
Il polpo mi va di traverso, Luca mi versa tempestivamente dell’acqua nel bicchiere, ma ci metto qualche secondo per riprendermi.
Grazia, Grazia? Il settimanale preferito di Cassandra? Voglio morire.
“Complimenti… deve essere una professione stimolante…”
“E molto impegnativa, lo ammetto, ma mi regala grandi soddisfazioni. Tu lo leggi?”
Ecco la domanda che aspettavo e che temevo. Non ho scelta: devo dire la verità. Lei è la direttrice di Grazia, mi aprirà in due come la cozza che ho nel piatto, se cerco di mentire. E poi avevo promesso che non avrei più detto bugie, gli ultimi mesi mi hanno insegnato che portano soltanto guai e questa è l’occasione che stavo aspettando per voltare pagina, per chiudere con il passato. Ma mentre mi accingo ad alzare le mani in segno di resa e a rispondere sinceramente, il mio telefono squilla: è Cassandra.
Tommaso è fuori città, è incinta, potrebbe avere bisogno di me:
“Scusatemi un momento.” dico alzandomi da tavola per rispondere.
“Pronto.”
“Tesoro! Sei uno schianto.”
“Potevi mandarmi un messaggio per dirmelo…” bisbiglio.
“Oh! Scusa! State mangiando? Vi ho interrotto?”
“Sì e la cena è a base di pesce…”
Lo dico con un po’ di stizza: anche il vino che mi ha suggerito non è adatto all’occasione.
“Un cowboy che cucina il pesce? Fantastico!” esulta.
“Cassandra, devo andare…”
“No aspetta, lei com’è?”
Mi volto verso il tavolo e mi stanno guardando tutti, anzi, mi correggo: lei mi sta fissando, sta fissando la mia gonna.
“Te lo dico domani.”
Riattacco, torno a sedermi, ma il sorrisetto nervoso che è rimasto impigliato sul mio viso mi impone di dire qualcosa per giustificarmi.
“Scusate, era la mia migliore amica, aspetta un bambino, ho dovuto rispondere.”
“Tutto bene?” chiede Luca.
“Sì sì.”
Ho appena impugnato la forchetta, quando Mila ricomincia a parlare.
“Quella gonna è…”
“Sì, lo so… è terribile. Ma l’ho indossata solo per accontentare la mia amica, diceva che sarebbe stata perfetta per la serata, ma è evidente che i suoi ormoni fanno brutti scherzi.”
La mia precisazione dovrebbe farle capire che sono una povera vittima costretta in uno stile che non mi appartiene, e allora perché la sua espressione non è sollevata?
“È Dsquared, giusto?”
Forse non dovevo dire che è terribile.
“Sì.” mormoro.
“Autunno inverno 2015.”
Pensavo che solo il vino fosse di annata.
“È stata una sfilata memorabile…”
In senso negativo, spero.
“Già, so che è stata pensata per una donna decisa, ma forse un po’ troppo decisa, non trova?”
“No affatto! Ho adorato quella collezione.”
“A me non è piaciuta.” interviene Luca con aria complice.
“Nemmeno a me.” aggiunge Achille, strizzandomi l’occhio.
Ritiro tutto ciò che ho detto poco fa riguardo al ‘puntuglioso’, è appena accorso in mio aiuto. Vorrei ringraziarlo, ma non mi sembra il caso.
“E invece è un bellissimo pezzo, lasciatelo dire.” insiste Mila. “La tua amica deve avere buon gusto.”
Improvvisamente, benedico Cassandra.
Credo che sarebbe meglio parlare di lei, solo di lei, forse è la sola che può riscattarmi.
“Sì, lei è una vera esperta di moda.”
“Un esperto in famiglia ci vuole…” aggiunge lei divertita.
“A chi lo dici?” interviene Achille in tono allegro.
Ci mettiamo a ridere.
“Come si chiama la tua amica?” mi chiede Mila.
“Cassandra.”
“Che nome interessante… e di cosa si occupa?”
Ecco la zona sicura che stavo cercando. Nel mio immaginario è come una stanza senza spigoli, imbottita di cuscini: una stanza in cui lei fa le domande e io conosco le risposte.
“Lavora in una boutique del centro, è specializzata in accessori.” dico prontamente.
“Ma pensa! E hai detto che aspetta un bambino?”
“Mamma, la stai tartassando di domande!”
“No, Luca non preoccuparti, ci mancherebbe.” lo rassicuro prendendogli la mano. “Sì, aspetta una bambina.”
“Una bambina, che meraviglia! Ho sempre desiderato una bambina!”
Luca la guarda basito.
“E come si chiamerà?”
E qui ti volevo.
“Siamo molto unite e ha deciso di darle il mio nome: Melissa.”
“Ah.”
Solo ‘ah’?
“Avresti una sua foto?”
Inizio a pensare che se potesse sostituirmi con Cassandra, lo farebbe all’istante.
“Certo.”
Mi metto a sfogliare la galleria di immagini, ne trovo una, ma il buon senso mi ricorda che sono di fronte alla direttrice di Grazia: sto giocando la mia carta e mi serve la migliore del mazzo.
Questa. Sì, questa.
L’ho scattata io la sera del suo compleanno: capottino a ruota floreale, sandalo piumato, cerchietto perlato. Unica. Solo lei può conciarsi come una pazza ed essere così irrimediabilmente chic.
“Ecco Cassandra.” dico mostrandole la foto.
Mila afferra il telefono per osservarla da vicino, sorride.
“È incantevole.” mormora.
Si è sciolta tutta. Ma il cervello è ancora intatto e sta pensando. A cosa?
Si alza, va dritta verso il divano, estrae qualcosa dalla borsa e torna a sedersi.
Le sue dita fanno scivolare un cartoncino sul tavolo: è il suo biglietto da visita.
“Dille di chiamarmi.”
Ho appena partorito un’icona.
“Sarà felicissima.” dico euforica.
“Stiamo realizzando un servizio in collaborazione con una nuova scrittrice, mi pare si chiami Alessia… il cognome non lo ricordo.” bisbiglia “Un inserto dedicato alle mamme in forma. Il titolo è ancora top secret.”

La porta si chiude.
Il rumore della serratura è l’equivalente di un concerto di campane: la cena è finita: andate in pace, amen.
I genitori di Luca si incamminano verso la macchina, li vedo dalla finestra e sento il cuore più leggero. Mi sembra quasi di sentire in sottofondo ‘Now We Are Free’: la canzone che chiude ‘Il Gladiatore’.
“Questa gonna passerà alla storia.
Dopo che avrò raccontato questa storia a Cassandra, la esporrà su una parete come un arazzo.” dico ridendo.
Luca si avvicina verso di me, mi abbraccia.
“Li hai rapiti.” bisbiglia all’orecchio.
Vorrei dissentire, ma non mi sembra il momento, preferisco baciarlo.
“Sai, devo essere sincero: a me la gonna piace, ti sta anche bene, ma è tutta la sera che mi chiedo come riuscirò a sfilarla.”
Credo di poterlo aiutare.

 

TRENTAQUATTRESIMO EPISODIO

Illustrazione: Valeria Terranova