improvviso era diventata popolare, era qualcosa di cui sparlare, era interessante. Eppure nessuno si era mai accorto di lei prima. Era sempre stata quella simpatica che sa ridere dei suoi difetti, che non se la prende quando gli altri la prendono in giro. Ma le cose non stavano proprio così. Era stato il suo sorriso impavido a trarli in inganno o erano gli altri a essere tanto ciechi da non accorgersi di quanto lei soffrisse? Era stanca delle battute infelici che la sua autoironia era costretta ad accettare. Buon viso a cattivo gioco. Ma erano solo gli altri a divertirsi. Viveva nel terrore che potessero metterla in imbarazzo davanti al ragazzo che le piaceva. Avrebbe dato qualsiasi cosa purché fosse suo, ma lui non sapeva nemmeno che esistesse. E come poteva essere altrimenti? Il suo corpo non la faceva sentire all’altezza. Era stanca di sentirsi dire che era di ossatura robusta, che non sarebbe mai stata magra. Sapeva che la sua scarsa autostima dipendeva da tante cose, e si chiedeva spesso se avesse mai trovato il coraggio di fare un elenco, ma sapeva anche di avere un alto potenziale, doveva solo dimagrire un po’. Sarebbe riuscita a vedersi carina, gli abiti non sarebbero più stati una cosa dentro cui nascondersi, e si sarebbe vestita con un senso. Anche lei avrebbe avuto un senso. Aveva 14 anni e voleva essere felice.
Era riuscita a trovare un modo per esserlo, ma loro glielo facevano pesare. Tutti avevano gli occhi puntati su di lei. Quella frustrante preoccupazione, quelle domande insistenti non facevano altro che aumentare il suo senso di rivincita. Provava una sorta di piacere oscuro quando gli altri additavano il suo come un problema. Forse non sarebbe stato indolore, ma era pur sempre una via d’uscita rapida. Un passaggio che conduceva in un mondo fatto di cibo: quello che il lato costruttivo del suo disagio era riuscito a mettere in piedi. Lì si sentiva al sicuro. E per quanto suonasse strano ammetterlo ai piedi di un water, era quello che continuava a ripetersi. Smettere di mangiare l’aveva resa importante.
Ogni chilo perso era un passo verso la sua felicità. Ma quando arrivavano le crisi di fame, quel senso di vuoto diventava ancora più grande. Perdeva il controllo e mangiava fino a star male.
E allora si liberava del cibo, del senso di colpa, del terrore di ricadere nell’ombra. Si liberava del peso morale e fisico che quegli anni infelici le avevano caricato sulle spalle. Era stanca di sentire parlare di anoressia, di bulimia, o della remota probabilità di rimanere intrappolata nel suo mondo: non si era mai sentita così libera. Non c’era niente di irrazionale, tutto faceva parte di un piano elaborato alla perfezione.
La forza di volontà e il desiderio di rivalsa avrebbero trasformato la sua fragilità in determinazione, e l’immagine che desiderava raggiungere l’avrebbe condotta ovunque lei desiderasse. Lei voleva solo essere felice.
Illustrazione: Valeria Terranova