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22 Ott

L’amico di famiglia

enrica alessi not for fashion victim
enrica alessi not for fashion victim
 
A
 scioccarmi tanto non è solo l’aria soddisfatta del dottore, che pare impaziente di mostrarci la sua gallinella, anche Luca sorride di fronte a quell’incontro inaspettato, ma io, che conosco i retroscena, ho ben poco di cui rallegrarmi. Cosa si aspetta che dica?
Potrebbe essere sua figlia, santoddio!
“Melissa adorata…” esordisce alzandosi.
C’è una parte di me che non si rassegna e tenta di convincere l’altra che quella è la strozzina che lo sta ricattando.
“Posso presentarvi mia figlia Celeste?”
Figlia? È da quando il dottore ha una figlia?
Luca allunga la mano verso quella di Celeste, ma io non me la bevo.
Come si può essere tanto subdoli? E lei gli regge pure il gioco: annuisce sorridendo.
La depravazione non conosce limiti, sono indignata. Ma io dico, un uomo così distinto, anche interessante sotto certi aspetti — tralasciando quello fisico — dico: non poteva trovarsi una donna piacente della sua età, come quella che sta venendo verso di noi con una falcata alla Jessica Rabbit?
Solo in quel momento mi accorgo che a tavola c’è un terzo coperto ed è proprio della bellissima donna che ha appena preso posto vicino al dottore.
“E lei è Fiamma, la mia ex moglie.”
“Tanto piacere.” dico porgendole la mano.
Quindi vediamo: la sua vecchia fiamma si chiama effettivamente Fiamma, la gallinella è davvero sua figlia, e la signora a cui sta per chiedere la mano è già stata sua moglie. Chi sarebbe tanto pazzo da sposarsi due volte con la stessa donna? Tutt’altro che prevedibile: il dottore è pieno di sorprese.
E mentre mi presenta alla famiglia come il veterinario migliore della città, l’istinto mi suggerisce di voltarmi: Mila è in piedi dietro di noi. Non saprei dire da quanto sia lì, ma giurerei di averla appena vista sbuffare.
“Luca, tua madre ci aspetta…” sussurro.
“Vogliate scusarci, buona continuazione.” conclude Luca congedandosi.
Dio ha deciso di aiutarmi: il nostro tavolo è nell’ala opposta del ristorante. Sarebbe stato difficile assistere alla scena del dottore che si inginocchia sulla moquette per chiedere alla sua ex moglie di diventare sua moglie. Il mood di Beautiful continua a perseguitarmi.
Ma appena mi siedo, d’istinto, incrocio le dita per lui — dopo averle nascoste sotto la lunga tovaglia che sfiora il pavimento.
Non saprei dire chi sia il compositore della musica classica che sento in sottofondo, ma il profumo di fiori proviene certamente dal vaso che poggia su un tavolino laccato, che arreda la parte destra della sala.
Il maitre si avvicina, mi sorride e mentre con una mano mi porge il menù, con l’altra afferra il tovagliolo per stendermelo sulle gambe. Vorrei dire wow, ma mi trattengo.
Mi preoccupo, piuttosto, della sfilza di posate che trovo ai bordi di un elegante sottopiatto con bordo in oro zecchino. Fortuna che ho visto Pretty Woman mille volte: devo partire dall’esterno.
O era dall’interno? Dannata memoria.
Mi concentro sul menù.
Per simpatia, sceglierei il piatto dal nome spiritoso: ‘This little piggy went to the market.’ Ma traduco la metafora come l’arrosto ripieno della qualunque, che cucina mia madre a Natale. Riflettendoci: sarà meglio qualcosa di più leggero.
“Stiamo ancora decidendo che pesce servire!” esordisce Mila.
I miei occhi scorrono le voci del menù: stiamo parlando di un piatto della casa. Un modo franco ed elegante di comunicare alla gentile clientela che anche nei migliori ristoranti, a volte, non si sa proprio che pesci pigliare.
“Te lo consiglio.” conclude rivolgendosi a me con un sorriso.
“Confermo!” aggiunge Luca.
Sfiora il dorso della mia mano, lì davanti a Jafar, e ‘L’interpretazione del filetto alla Rossini con foie gras e caviale’ si catapulta sulla mia faccia: sto avvampando. Mi serve un escamotage per togliermi dall’imbarazzo.
“E tu? Cosa suggerisci?” dico liberando la mano per puntare l’indice su di lui.
“Io ti consiglio la specialità di Massimo…”
Mi pare evidente che non stiamo parlando di Massimo Il Misericordioso, ma dell’altro, quello importante, di cui, però, non ricordo il cognome. Com’era? Burrata? Lattuga? Sì! Massimo Bottuga.
Ma prima che possa chiedere a Luca quale sia la famosa specialità a cui si riferiva, il maitre torna da noi e ciò che gli sento pronunciare assomiglia al proclama del re.
“Chef Bottura Vi dà il benvenuto.”
Ecco come si chiama: BOT-TU-RA.
“Siete pronti per ordinare?”
“Sì certo.” dice Mila richiudendo il menù. “Io prenderò L’astratto di dentice grigliato con mozzarella, per iniziare, e a seguire, l’astice in doppia salsa spumosa. Tu cara?”
Proprio non saprei.
“Luca?” chiedo io, sperando che la sua scelta sia qualcosa di più semplice.
“Le cinque stagionature di Parmigiano Reggiano e i tortellini del dito mignolo in brodo di cappone.”
“Anche per me, grazie.” aggiungo con l’aria felice di chi ha appena scampato un pericolo.
E lì, mentre mi chiedo se il formaggio si possa mangiare con le mani, vedo un signore con la barba che si avvicina al nostro tavolo.
“Massimo!” esclama Luca alzandosi.
Il famoso chef Bottuga — anzi Bottura — sta stringendo il mio ragazzo tra le braccia. Quindi si conoscono?
Anche Mila lo raggiunge e io dovrei smettere di fissare le posate. Mi alzo, gli sorrido, Luca mi presenta: “Massimo, lei è Melissa: la mia ragazza.”
“Molto lieto.”
Mi stringe la mano, lo fa in modo distratto, ma non mi dispiaccio: è concentrato sul festeggiato e da come la guarda sembrano avere un rapporto speciale.
“Quanti anni hai ragazzaccio?” gli chiede divertito.
“Vecchio mio: sono già trentatré.”
“E portati benissimo.” aggiunge Mila orgogliosa.
Mila si risiede, io pure. Mi volto verso di lei e vedo il profilo dei suoi occhi estasiati, di fronte a quell’uomo che entrambe amiamo. E per un attimo, dimentico la missione ‘Cassandra’ che so di dover portare a termine, e la guardo con affetto. Mila ha fatto parte di quel passato di cui ho paura, e non deve essere stato facile affrontare la situazione. Ora, però, sembra serena.
Si accorge di me e dei miei occhi su di lei, accenna un sorriso e si avvicina per bisbigliarmi qualcosa all’orecchio.
“Sono molto legati. È un caro amico di famiglia.”
Come avevo intuito.
“Posso rubarvelo dieci minuti?” interviene Massimo.
“Certo. Io e Melissa faremo due chiacchiere.”
Luca appoggia una mano sulla spalla dello chef e si incamminano fuori dalla sala, lasciandomi sola con Jafar.
Cassandra Cassandra Cassandra. Non mi capiterà un’occasione migliore.
“Cassandra come sta?”
Così? Di sua spontanea volontà?
“Sta bene, è in gran forma.”
“Mi fa piacere. La sua bambina? Ha già deciso come la chiamerà?”
Tutto questo affetto inizia a preoccuparmi.
“Sì chiamerà Melissa.”
“Oh! È un gesto dolcissimo.”
“Siamo amiche da tanto tempo, lei è una sorella per me, e so che sarà una mamma splendida. E credo che quando la prossima settimana vedrà la sua foto, si sentirà felice come mai prima d’ora.”
Quale mostro, di fronte a queste parole, avrebbe il coraggio di tirarsi indietro e deludere questa ragazza?
“Vedi Melissa… c’è una cosa di cui vorrei parlarti.”
Quel mostro esiste e mi siede accanto.
Ora mi starà a sentire.
“So cosa vuole dirmi, e non lo condivido.
Lei sostiene  che l’immagine della mia migliore amica è troppo perfetta per i canoni reali, ma si sbaglia. Ci sono sempre più mamme che curano il loro aspetto, Cassandra rispecchia il modello descritto nel libro di Enrica Alessi ed è per questa ragione che la sua foto è una parte indispensabile del redazionale.
Le donne non vogliono solo parole, vogliono fatti, vogliono la verità: l’immagine reale di una donna comune a cui tutti vorrebbero assomigliare. Cassandra è vera e nessuno può metterla in un angolo.”
Lo dico con la stessa enfasi con cui Johnny si rivolge ai genitori di Baby: Mila mi guarda sbalordita.
“Luca mi ha ricordato che la sua festa è prevista tra due settimane, volevo avvisarti che ho pensato di posticipare l’uscita per farle una sorpresa.”
“Ah… okay.”
Le vocali stridono, escono dalla mia bocca come un rantolo dettato dall’imbarazzo.
Vorrei che la sedia mi inghiottisse, che la moquette mi inghiottisse, anzi no, che tutte le fondamenta del ristorante mi inghiottissero. Mi sento morire.
“Melissa, non smetterai mai di sorprendermi.” dice sorridendo.
È seria?
“Mi scusi, non volevo essere maleducata.”
“Oh no, al contrario, mi piacciono le persone che dicono ciò che pensano. Ti sei battuta per un’amica e ciò ti fa onore.”
Sto quasi per crederle.
“Sei una persona leale, Luca è felice con te. Tu gli hai ridato la pace.”
Okay lo ammetto: Jafar mi ha commosso.
“E dopo Roberta, avrei detto che sarebbe stato impossibile.”
Quella frase, che sembra sfuggirle come una confidenza fatta per liberarsi, mi trafigge il petto. È la stessa Roberta che lo ha chiamato la sera del suo compleanno?
“Luca ti ha parlato di lei, vero?”
Dovrei dirle di no? Dirle che suo figlio ha volutamente omesso di raccontarmi di un’altra? Non sarò tanto stupida.
“Sì me ne ha parlato…” mormoro.
“È stata una relazione lunga e difficile.”
Lunga quanto?
“Immagino che sia stata dura.”
Non mi limito a un tono amichevole, poso addirittura la mia mano sulla sua per aumentare la complicità.
“Ho sempre saputo che non era adatta a mio figlio. Quei tre anni…”
Mi ha nascosto tre anni della sua vita?
“… sono stati un inferno.”
Ma quel sorriso fin troppo marcato, con cui conclude il discorso, mi fa capire che il tempo delle chiacchiere è finito: Luca è tornato.
Avrei voglia di schiaffeggiarlo qui davanti a lei, ma il ristorante è troppo famoso, il mio gesto finirebbe sul giornale.
Faccio un respiro profondo, mi stampo sul viso un’espressione felice e innocua attendendo il mio piatto e la fine di questa cena.
Sono stati i tortellini peggiori della mia vita, ma nulla di personale.
Scendo dall’auto, saluto Mila davanti all’albergo e dopo essermi sistemata il cappotto, che elogia nuovamente, risalgo e aspetto la resa dei conti.
Seppure una parte di me si sforzi di rallegrarsi, ricordandomi che abbiamo almeno portato a casa il redazionale, l’altra è delusa e furiosa.
Mi tolgo il cappotto come farebbe un pugile con la vestaglia prima di salire sul ring. Ho passato l’intera serata a sforzarmi di mantenere una paresi che assomigliasse a un sorriso e ora posso smettere di fingere che vada tutto bene.
“Vieni da me?” mi chiede Luca mettendosi alla guida.
“Puoi portarmi a casa?”
SESSANTATREESIMO EPISODIO
Illustrazione: Valeria Terranova