arola ha nove anni e vuole che la mamma le racconti una favola.
“Amore, sei proprio sicura?”
“Mamma: hai detto che fai la scrittrice.”
Giusto.
“Aiutami, dammi un tema.” le chiedo.
“Un argomento?”
“Sì: qualcosa che ti piace.”
“Allora fammi ridere: raccontami di quando eri piccola.”
In effetti, mi diverto anch’io a parlarne. Peccato che le avventure migliori siano tutte diseducative. So che è dura, ma devo dare il buon esempio. Penso all’innocenza, chiudo gli occhi un momento, e mi vedo in una stanza, seduta sul pavimento e ho due Barbie in mano. Ce l’ho.
“Allora, sei pronta?” le chiedo, rimboccandole le coperte.
“Vai.” dice tirando fuori la testa come una tartaruga.
“C’era una volta una bambina che amava giocare a Barbie. Le amava così tanto da chiedersi come avrebbe fatto senza, una volta cresciuta.
Tutti gli altri bambini non vedevano l’ora di diventare grandi, ma lei no: lei sarebbe voluta rimanere piccola per sempre.”
Con l’altezza è successo.
“Cosa faceva?” mi chiede curiosa.
“Finita la scuola, correva a casa, mangiava in fretta, e si rifugiava nella sua stanza. E nel suo piccolo regno, metteva in scena fantastici intrecci amorosi, che neanche Georgie e Candy e Candy.”
“Chi sono?”
“I cartoni animati di tanto tempo fa.”
“Tanto, tanto tempo fa?”
Se ci penso, questi trentacinque anni, non mi sembra proprio di sentirli.
“Abbastanza.”
“Ah.”
“Vado avanti: la bambina era cresciuta con il romanticismo dei cartoni animati giapponesi, e forse si era fatta prendere la mano.”
“In che senso?”
“Quello che succedeva nella sua casa di Barbie…”
“Com’era?”
“Mi hai interrotto.”
“Non è vero.” dice ridendo.
“Era una casa a tre piani, con l’ascensore giallo e la spider in garage, e lì dentro, poteva succedere di tutto. La bambina inventava mille storie, tutte parlavano di amore, e…”
“E quanti Ken aveva?”
“Uno solo.”
“Come faceva a giocare con un Ken solo?” chiede meravigliata.
“La bambina aveva anche un fratello munito di Big Jim, ma il Big Jim era troppo basso e farli baciare era difficile.”
“Ah.”
“Amore: sai che sono come Dory, vero?”
Carola scoppia a ridere
“Soffri di perdita di memoria a breve termine.”
“Esatto, e se perdo il filo siamo fritte.”
“Okay, non ti interrompo più.” promette divertita. “Ma ho un’ultima domanda: la bambina giocava da sola?”
“Non sempre. E non perché le mancassero le amiche con cui farlo, ma perché adorava giocare da sola. Le storie erano sue, lei aveva assegnato i ruoli alle sue Barbie, e lei sapeva già cosa avrebbero detto, cosa avrebbero fatto, e spiegarlo a qualcuno sarebbe stato come svelare il suo intreccio.”
Gli occhi di Carola sono vispi, curiosi, incantati.
“Sai mamma: anche a me piace giocare a Barbie da sola, quando lo faccio con Bianca è bello, ma non è la stessa cosa…”
Il suo visino mi scioglie. Come vorrei dirle che la bambina della favola sono io, e che tutte le volte che vedo lei giocare, mi sembra di rivedere me da bambina.
“È vero?” chiedo con complicità.
Carola annuisce e si mette in silenzio, credo sia curiosa di sapere come va a finire. Ma prima che possa andare avanti, Emma entra in camera.
“Mamma: sta iniziando Grey’s Anatomy.”
Guardo l’orologio, mi accorgo che si è fatto tardi, le bimbe devono andare a dormire.
“Ora vado e vi lascio fare la nanna.”
“E la favola?” interviene Carola.
Emma esce dalla stanza per preparare il suo zaino, ho ancora qualche minuto per inventare una degna conclusione, ma anche questa volta, lei mi precede con un’altra domanda.
“Visto che è tardi, puoi solo dirmi come ha fatto la bambina quando è cresciuta? A fare senza Barbie, intendo.”
È evidente che la questione la riguardi da vicino, sento il cuore stringersi nel petto, e vado avanti.
“La bambina, dopo essere diventata grande, aveva capito che una parte di lei sarebbe rimasta piccola per sempre. E non avrebbe mai rinunciato alle sue Barbie.”
“E ci giocava anche da grande?”
Vedo la meraviglia, la speranza, la curiosità.
“Non proprio, ma si era messa a scrivere, a inventare storie nuove, ed era come giocare a Barbie per sempre.”
E ora, che il mistero è svelato, anche lei mi guarda con aria complice, e sorride.
“Buonanotte mamma.”
“Buonanotte amore mio.” dico alzandomi dal letto per darle un bacio.
“Un’ultimissima cosa…” aggiunge
Lo so, ora, dirà che mi vuole bene.
“Certo, tesoro, dimmi.”
“Però la prossima volta mi fai ridere?”
Illustrazione: Valeria Terranova