a mascella e la mandibola del becco, simili alle fauci del Tyrannosaurus Rex, e il fagottino con le sembianze di una carcassa ridotta a brandelli fanno parte del passato ormai. E nella mia versione, Il brutto anatroccolo non diventa cigno, diventa cicogna.
Sono bellissime, la copia esatta dell’immagine che avevo scelto: Thor è davvero il mago dell’intaglio.
Abbiamo deciso come verniciarle, saranno pronte tra una settimana e faranno un figurone. Sono elettrizzata.
La casa sarà pulita e profumata, il divano sarà perfettamente visibile e una musica in sottofondo nasconderà quell’odore — quasi impercettibile — di cottura in olio bollente. E convinta che la fortuna non mi abbia ancora abbandonato, decido di cavalcare l’onda e sperare che anche la festa di Luca sia indimenticabile.
Mi alzo dal letto, mi affaccio sulle scale per controllare la truppa: i cuccioli sono dove li ho lasciati ieri sera, vicino alla loro mamma. Max mi guarda e scodinzola.
“Arrivo…” bisbiglio.
Mi tuffo sul letto per acchiappare il telefono e chiamare Luca: so che è prestissimo, ma voglio fargli gli auguri.
Il telefono squilla, lui non risponde. Insisto.
Al terzo tentativo, la sua voce soffice mi dà il buongiorno.
“Buon compleanno amore mio!”
Sento la sua risatina e arrossisco.
“Che farai oggi?” chiedo eccitata.
“Aspetterò che arrivi stasera per vederti.”
La battuta perfetta.
“Stasera ti porto fuori a cena…”
“Dove andiamo?”
Dalla voce squillante con cui lo dice, sembra essersi svegliato anche in senso cerebrale. Ho destato il suo interesse.
“È una sorpresa.”
“Come sospettavo. A che ora passo a prenderti?”
“Alle nove?”
“Alle nove.”
“Allora a più tardi… amore.”
“Aspetta…” mormora. “Ti ricordi di venerdì?”
E chi se lo scorda?
“Assolutamente sì! E ho un bellissimo vestito da sfoggiare.”
“Sarai bellissima…”
“Lo so.” dico divertita.
“Ma i programmi sono cambiati.”
Dimmi che Jafar ha disdetto.
“Mio padre non ci sarà, è stato convocato a New York per una riunione importante…”
Quindi Jafar ha disdetto.
“E siccome mia madre ha un appuntamento nella zona, ha suggerito di festeggiare qui, ci porta in uno dei suoi ristoranti preferiti. Ti va?”
Qualcuno dice che contraddire la suocera non è mai cosa saggia: penso che si possa dire anche per una suocera potenziale.
“Bellissima idea.”
“So che stai mentendo, ma fingerò di crederti.” dice ridendo.
“Smettila… io adoro tua madre…”
A parte quando tira pacchi editoriali alla mia migliore amica.
“Ci vediamo stasera, ti amo.”
La chiamata si interrompe, il mio cuore si ferma, cessa di battere. Poi riparte, ricomincia a pulsare, sempre più forte: mi succede sempre quando mi dice ‘ti amo’.
Nelle orecchie sento John Paul Young che canta Love is in the air: ho l’amore addosso, ma temo che dovrò mettere in stand-by questo momento sdolcinato, ho troppo da fare.
1. Chiamare il dottore.
2. Chiamare la pasticceria
3. Consegnare la torta al ristorante.
4. Ritirare la chitarra.
5. Prepararmi e attendere il mio principe con un pacco tra le braccia.
Decido di rispettare l’ordine dell’elenco che ho scritto distrattamente su un foglio, e la priorità non sembra casuale, vado con la prima: chiamo il dottore.
“Buongiorno Melissa. Come sta?”
“Bene, bene, anche la ciurma è in forma e a tal proposito, vorrei chiederLe, se stasera può pensarci Lei. Sa, avrei un appuntamento…”
Il mio tono svenevole fa chiaramente intendere di che tipo di appuntamento si tratta.
“Anche io ho un appuntamento stasera.”
Non starà scherzando spero!
“In che senso?”
“Il mercoledì gioco a poker con i miei amici.”
Che cosa? E da quando? Il dottore chino a un tavolo verde, avvolto da una nuvola di fumo, non me lo sarei mai immaginato.
“Ma oggi è il compleanno del mio fidanzato… sto organizzando una cena da giorni…”
“Sarò sincero…” bisbiglia. “Io sono mesi che cerco di convincere una mia vecchia fiamma…”
Quindi il poker era un bluff. Forse preferivo la versione del giocatore incallito a quella del playboy.
“Ma giovedì sono libero. Va bene giovedì?”
Questo ha capito che il compleanno è oggi? Sto rinunciando alla serata in cui Luca, vestito solo della chitarra, canta Shallow per me, davanti a un caminetto scoppiettante e lui mi fa uno switch con giovedì?
“Va bene giovedì.” mormoro delusa.
“Buona serata allora…”
E mentre mi chiedo se gli uomini capiranno mai che è necessario prendersi le proprie responsabilità in fatto di figli/nipoti, riattacco. Se avessi avuto un camino anche a casa mia, ora non mi troverei in questa situazione: tutta colpa delle mie fantasie perverse.
Non posso chiedere a Cassandra di venire qui per fare da baby sitter ai cuccioli, me la sono giocata per il weekend romantico, l’unica che può aiutarmi è mia madre.
Ma nessuno fa niente per niente, nemmeno mia madre. Dopo una lunga ed estenuante telefonata, sono riuscita a convincerla promettendole che le avrei presentato Luca stasera. L’idea non mi entusiasma, ma la vita, a volte, è fatta di priorità e quando ti serve una tata, ti serve una tata.
Ho già consegnato la torta da Toe’s.
Il proprietario, che è anche un amico di Tommaso, ci ha riservato una piccola sala con le luci soffuse, ha insistito per mettere dei petali di rosa sul tavolo, e io l’ho assecondato: di solito succede nei film, mi piace.
Cosa resta? La cosa più importante: la chitarra. Vado a ritirarla.
Chicco ha chiuso la felicità in un fazzoletto, Moreno, invece, ha chiuso la YAMAHA APX T2 — al prezzo di occasione di duecento euro borsa compresa — in un bellissimo pacco regalo con un fiocco voluminoso di colore rosso. Sta lì, sui sedili posteriori della Punto amaranto, e per praticità, decido che lì rimarrà, fino al momento della consegna.
Mia madre è già arrivata e si è pure complimentata per l’ordine che sono riuscita a mantenere. Ha aggiunto che mi trova in gran forma, mi ha accarezzato una guancia e mi ha dato un bacio.
Poi, alla vista dei cuccioli, si è precipitata su di loro e ha smesso di considerarmi.
Li accarezza, sussurra loro paroline dolci con quel tono ad alto indice glicemico, sembra commossa e commuove anche me. Guardo l’orologio: Luca sarà qui tra poco e devo ancora vestirmi, mi allontano salendo le scale in silenzio per non rompere l’idillio, quando mia madre mi chiama.
“Melissa… perché c’è un cucciolo nero?”
Ora ci si mette pure lei.
“Non è nero. È solo più scuro degli altri.”
Sono pronta: jeans skinny, décolleté di Dolce & Gabbana, camicia a fantasia nera e oro — trovata nell’anta destra dell’armadio di Cassandra, su cui sta appiccicato un post con scritto: presto tornerò a prendervi — e per finire, blazer e sciarpa neri conditi con rossetto rosso.
Ho chiamato Cassandra per avere il permesso di indossare il pezzo forte del look, ma non mi ha risposto. E comunque, non mi avrebbe detto di no.
Sono le nove. Aspetto Luca guardandomi allo specchio. Ma è lui che guarda me e non è più ostile come un tempo. Non ha certo smesso di suggerirmi di girare su me stessa come una trottola, per valutarmi da ogni singola angolazione, ma oggi ho l’impressione che si sforzi di trovare il mio lato migliore, invece di giudicare irrimediabilmente inadeguato tutto l’insieme, come succedeva anni fa.
Mi chiedo da dove venga tutta questa clemenza, e sempre più spesso mi ripeto che la bellezza sta negli occhi di chi guarda: quando ti senti amato è tutto più facile: lui mi ama. E mi sta chiamando al telefono.
“Sono qui sotto.”
“Vieni a prendermi.” mormoro.
Che frase ambigua, penso scendendo le scale. Nessun uomo sessualmente attivo la tradurrebbe come un: ‘entra che ti presento mia madre…”
Me la trovo di fronte: è diversa.
“Ti sei messa il rossetto?” le chiedo.
“Sì, sono una donna adulta: posso farlo.”
“Ti sei messa il rossetto per lui?”
“Sono ancora affascinante, voglio fare bella figura…”
Mi volto, guardo fuori dalla finestra: Luca è nel vialetto.
Come sarebbe bello poter aprire la porta con foga, correre tra le sue braccia, riempirlo di baci e considerare la folle eventualità di saltare la cena e passare direttamente al camino e alla chitarra… Ma c’è mia madre. Meglio seguire il piano iniziale e godermi ogni singolo momento di questa festa di compleanno. Speriamo solo che il primo non rovini tutti gli altri: è di mia madre che stiamo parlando.
“Mamma, mi raccomando: non fare la solita.” sussurro minacciosa mentre afferro la maniglia.
“Sii più chiara…”
“Non fare troppe domande, sii discreta.”
“Perché non lo sono?”
Meglio non rispondere, apro la porta.
Luca ha gli occhi chiusi e mi tende le labbra in attesa di un bacio.
Dio che imbarazzo. Mi volto a controllare che mia madre non stia guardando, ma è molto peggio: mi incita con le braccia, mimando il bacio a occhi chiusi.
I miei tornano sulla bocca di Luca, ma si è aperta e lui mi guarda, anzi, guarda mia madre.
“Mamma! Ti presento…”
Mia madre interrompe il mimo e diventa paonazza, ma questo non la fermerà.
“Tu devi essere Luca.”
Lui entra, le sorride, si presenta stringendole la mano.
“Marta. piacere mio. Finalmente ti conosco: Melissa mi parla spesso di te…”
È successo solo due volte e solo perché non avevo altra scelta.
“Spero ne parli bene.” la incoraggia divertito.
A Marta bastano cinque minuti di semplice conversazione per invitarlo a cena. Lui accetta, e anche se un po’ mi vergogno per l’eccessiva esuberanza di mia madre, mi fa piacere vederli già in sintonia.
“Ora dobbiamo andare, siamo in ritardo.” dico afferrando la borsa.
Le do un bacio, saluto i cuccioli, Max, Lolita, e con Luca per mano, lascio che la porta si chiuda alle mie spalle.
CINQUANTANOVESIMO EPISODIO
Illustrazione: Valeria Terranova