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9 Ott

Nel centro del mirino — e non è il film con Clint Eastwood

storie di ordinaria follia

storie di ordinaria follia

P

rima che arrivassero i telefonini con la fotocamera integrata, c’erano le videocamere analogiche che ora sono diventate vintage, e mio padre ne aveva una.

È sempre stato appassionato di quel mondo, gli piaceva così tanto che possedeva addirittura un proiettore a bobina. Ricordo di aver visto il giorno del matrimonio dei miei genitori centinaia di volte –– e tutte le volte, le scarpe di mia madre erano terribili. Sebbene il lungo abito bianco tentasse disperatamente di nasconderle, nella scena in cui mio padre la reggeva in braccio, salendo le scale, si vedevano benissimo. È vero che negli anni Settanta la zeppa era di casa, ma sotto un vestito da sposa?

Gli anni passano, istruisco mia madre spiegandole che il sandalo alto è un’alternativa più elegante e, al compimento dei miei sedici anni, siamo in vacanza e mi ritrovo a passeggiare con lei, mentre ne indossa uno rosso che le sta benissimo. Mio padre ovviamente riprende la scena, ignaro che ad attenderlo c’è uno scoop più succulento.

La mattina seguente, in spiaggia, io e i miei amici decidiamo di fare un’uscita in pedalò. Avviso i miei genitori, loro si raccomandano, io me ne frego. Questo è quello che succede oggi con le mie figlie: è la legge del contrappasso.

Saliamo a bordo e partiamo. Una volta lontani dalla riva, smettiamo di pedalare. Qualcuno si tuffa, io preferisco rimanere ad abbronzarmi. Pietro che è rimasto sul pedalò a tenermi compagnia, si siede vicino a me.

“Vuoi una sigaretta?” mi chiede bisbigliando.

Mi alzo. “Sei matto? Lo sai che mio padre è un ex fumatore e se scopre che fumo mi uccide?”

“Lo vedi dove siamo?” ride aprendo le braccia. “Siamo in mezzo al mare, chi vuoi che ci veda?”

In effetti ha ragione.

“Io non ho mai fumato.”

“Neanche io.” sussurra infilando la mano nella tasca dei boxer per prendere il pacchetto.

Mi risiedo. Respiro, ma non smetto di fissare la scatola dentro cui si nasconde l’oggetto proibito, che però mi affascina.

Penso alle dive di Hollywood, alle nuvole di fumo che le avvolgono rendendole intriganti e sensuali. Be’, potrei provare solo una volta per sapere cosa si prova. Tanto vale che lo faccia qui, adesso. Premo i palmi delle mani sulle ginocchia e prendo coraggio per dire ciò che ho deciso di dire. “Okay.”

Dio mi punirà per questo, ne sono certa, ma ormai ho detto okay. Infilo la sigaretta in bocca e Pietro mi aiuta ad accenderla.

Il primo tiro dura un secondo, sputo il fumo e tossisco per i successivi venti. Sono nauseata da quel sapore, ma decido di fare un altro tiro per disgustarmi del tutto. Come fanno le persone a prendere un vizio del genere? Chissà.

Mentre io e i miei amici torniamo alla spiaggia, prometto che non lo farò mai più. È quasi ora di pranzo quando riconsegniamo il pedalò al bagnino, ci salutiamo e raggiungiamo i nostri genitori. Sotto l’ombrellone mio padre nasconde una faccia scura: non è l’effetto dell’ombra. Sembra furioso e non capisco perché. “Cosa c’è papi?” gli chiedo mentre verso un po’ d’acqua nel bicchiere.

Lui non risponde. Mi volto verso la mamma: si è appena tolta il suo infradito minacciosa.

Sono stata fuori in pedalò, li avevo avvisati, e poi non sono in ritardo per il pranzo, quindi? Cosa ho fatto di male? Sto per chiederlo ad alta voce, quando mio fratello, che si è appena materializzato alle spalle di papà, mi fa ‘IL’ cenno. Io e Gigi abbiamo fatto tesoro dell’esperienza accumulata in questi anni di rimproveri, e abbiamo creato un linguaggio tutto nostro che si esprime con la mimica facciale. Con una sola smorfia sta cercando di dirmi: “Alza le mani, non hai via di uscita. Qualsiasi cosa dirai potrà essere usata contro di te e, visto che non puoi permetterti nemmeno un avvocato d’ufficio, sta zitta. Quando ti chiederanno se ti rendi conto del grave errore che hai commesso, nessun MA, limitati a dire SÌ. E se i loro sguardi truci perseverano, chiedi ripetutamente il loro perdono in ginocchio, fino a che non li hai convinti di esserti pentita. Se necessario piangi. Quello funziona sempre per addolcirli.”

Ho capito il messaggio, ma di cosa dovrei pentirmi? Ero in mezzo al mare non possono avermi vista fumare, per cosa sono arrabbiati allora?

A suggerirmelo è mio padre che mi sta porgendo la videocamera analogica con la faccia di chi ti ha in pugno. “Guarda che bel film di famiglia…”

La afferro, spingo il tasto play e in lontananza vedo il pedalò. Vorrei mettermi a ridere: da quella distanza si vedono solo dei puntini indistinguibili su una zattera gialla. I miei non possono aver visto un bel niente. Ma ecco che dopo trenta secondi di girato, appare il miracolo dello zoom: la ripresa si avvicina mostruosamente e mi ritrae mentre sputo il fumo dalla bocca, spazzandolo via disgustata.

Che scena memorabile. Diciamoci la verità: quante probabilità c’erano che mi beccassero in mezzo al mare? Praticamente nessuna. A chi poteva capitare? Solo a me. Meriterei un Oscar alla carriera per la rogna. E invece arriva il sandalo di mia madre, che però mi colpisce solo il polpaccio di striscio. Fortuna che non era la zeppa.

 

Illustrazione: Valeria Terranova