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7 Set

Piace a troppi…e non è il film con Brigitte Bardot

enrica alessi scrittrice

enrica alessi scrittrice

S

e a metà degli anni Cinquanta, Brigitte Bardot non avesse accettato di girare un film a Saint Tropez, questo piccolo paradiso di fama internazionale sarebbe rimasto un villaggio di pescatori sconosciuto: i personaggi cambiano la storia e spesso, inconsapevolmente, entrano a far parte della tua. La mia vacanza a Saint Tropez ne ha prodotti diversi e come succede nei titoli di coda, a discrezione del regista, i miei personaggi sono elencati in ordine di apparizione.

Sylvie, la responsabile dell’accoglienza clienti dell’albergo, è colei che cerca di assicurarsi che la vacanza stia procedendo nel migliore dei modi. Bionda, carina, look azzeccato, modi gentili, inglese perfetto: io la schivo come la peste. Se nella prossima vita ho già deciso di vivere a Londra per un anno e di portarmi a casa la padronanza della lingua, in questa, vivo con la presunzione di poter parlare inglese alla stessa velocità supersonica con cui parlo italiano, ma siccome non ci riesco, nel momento in cui Sylvie mi porge qualche domanda di routine, vado in ansia. Mi concentro sulla posizione delle ED, delle S, sui tempi verbali, sui sostantivi, sui pronomi e di solito, escono combinazioni imbarazzanti che il pudore mi impedisce di riportare. Meglio uscire, prendere la macchina e raggiungere la spiaggia, dove non mi viene chiesto nulla che esca dall’ordinario. La nostra preferita è quella del Club 55 di Ramatuelle. Sarà per la sua semplicità elegante, per il mood rilassato, per il profumo inebriante di pittosforo, ma forse più per i ragazzi che si occupano di parcheggiare le auto dei clienti: al confronto, i California Dream Man sono niente. Il problema è che sembrano tutti innamorati di Giaco, si esaltano quando lo vedono, urlano il suo nome senza sbagliarlo e lo raggiungono ancora prima che possa entrare nel parcheggio, prendono possesso dell’auto ferma in colonna, e gli danno il cinque. Io, Emma e Carola non veniamo neppure calcolate. Come se non bastasse, Giaco ha i suoi ammiratori anche in spiaggia. John si annuncia con ‘All around the world’ di Lisa Stansfield, prima arriva la musica, poi un fascio di bolle di sapone e infine lui: un ragazzo di colore che si vanta di avere ottime capacità nell’arte del massaggio. Cerca di convincere Giaco con il suo slogan: ‘are you ready daddy?’, ma lui non ha ancora ceduto. A Saint Tropez è tutto magico, infatti ci sono i maghi. Si esibiscono nei ristoranti, ci tengono compagnia tra il dolce e il caffè e noi ne abbiamo due: uno è un fenomeno, l’altro no. Per non rovinare la carriera del secondo, preferisco non chiamarli per nome: gli darò quello di una carta pescata a caso dal mazzo: uno è il re di cuori, l’altro il due di picche. Il primo fa comparire una Birkin sul tavolo solo schioccando le dita, l’altro è talmente stufo dei soliti giochetti che ti svela pure i trucchi del mestiere: vuole cederti il posto. Lo abbiamo visto una volta sola, poi è sparito: puff. La signora di Lulù — il mio negozio ufficiale di abbigliamento mare — quest’anno, invece, non si è vista per niente, era un po’ anziana: speriamo bene. E nonostante i negozi ci abbiano dato modo di conoscere parecchi personaggi divertenti, sono i ristoranti che hanno messo in scena i veri attori. Emma vive di tennis e sushi, Carola di balletti e carboidrati. Trovare un giusto compromesso per portarle a cena e accontentarle entrambe sembra impossibile, ma a Saint Tropez non lo è: la soluzione si chiama Le Quai. Il ristorante sul porto dove cucinano sushi e le ballerine fanno spettacoli. A sacrificarmi sono solo io: le ballerine hanno venticinque anni di meno, un décolleté di tutto rispetto e un posteriore che sembra sollevato dal getto d’aria di un compressore.

“Papà, hai visto la ballerina rossa com’è bella? Balla come Beyoncé!”

Uno contro tutti.

A salvarmi da questa congiura è Senequier, il mio ristorante preferito.

Anche lui è sulla via del porto, il primo di una lunga fila di locali con insegne al neon, che illuminano il lato destro della strada rubando la scena agli yacht mozzafiato attraccati dalla parte opposta. Le persone camminano e io le osservo: mi piace pensare che possano suggerirmi una sfumatura, un gesto, una reazione, e tutte sono curiose. Sembra che non sappiano da che parte guardare, verso le barche, verso i clienti che sono seduti ai tavoli, verso la Capoeira che sta per esibirsi. E stasera, seduta su questa sedia rossa che assomiglia a un trono, posso godermi tutto lo spettacolo. Da Senequier si mangia bene, ma vengo qui solo per Jean-Robert De la Cruz, il direttore, la versione francese di Julian di American Gigolò — solo con trent’anni di più, anche se portati benissimo. Basta guardarlo in faccia per capire l’idea che ha di sé, la sua espressione ricorrente è traducibile in: ‘mi dispiace, io so’ io, e voi non siete un c***o.’ In pratica, un Marchese del Grillo in versione tropezienne, ma raffinato e gentile. È lui a occuparsi di Karl Lagerfeld, che tutte le sere, alla stessa ora, viene a sedersi qui per mangiare il gelato. Eccolo, sta arrivando. Il mio tavolo è distante dal suo, ma riesco a vederlo mentre va a sedersi: ha cambiato compagnia, non ci sono più Brad Kroenig e i suoi bambini, è con Baptiste Giabiconi, un altro dei suoi modelli prediletti. Emma e Carola sono attratte da Karl, ma la loro è una curiosità più intellettuale che indiscreta, lo studiano. Solo qualche sbirciatina ogni tanto, giusto per non dare nell’occhio, e fanno considerazioni riguardo al suo aspetto:

“Sta meglio con la barba, è più misterioso.” dice Carola.

“Porta sempre gli occhiali, anche di sera: Karl è sempre misterioso.” precisa Emma.

“E come hai detto che si chiama il ragazzo che è con lui?” mi chiede Giaco.

“Baptiste.”

“Mamma, sai che Karl gli ha appena fatto assaggiare il gelato?”

Carola me lo dice stupita, quasi intenerita da quel gesto. Non posso voltarmi a guardare: mi scoprirebbe, e se una parte di me ringrazia per essere seduta di spalle, l’altra si dispiace per essersi persa una scena epica. Quella in cui uno dei pilastri della moda imbocca uno dei suoi pupilli, come un bambino.

“Ti sarà solo sembrato.” dico in tono sommario per chiudere in fretta l’argomento.

Ma Carola ha già dimenticato Karl, Baptiste e pure il gelato: è arrivato Mingo e ora, esiste solo lui. Mingo è ‘il capo della Capoeira.’ Ha un fisico da infarto, due occhi dolcissimi e un sorriso che scioglie. Carola lo ha ufficialmente decretato il più bello di Saint Tropez — Para Você, Para Você.

“È anche più bello di Justin Bieber.” esclama mentre lo vede arrivare.

Vorrei dire qualcosa, tipo: ‘papà è più bello’, ma non sarei credibile, meglio dirottare l’attenzione su altro.

“Nella prossima vita,” dico ad alta voce, quasi fosse un proclama, “quella che verrà dopo aver imparato a parlare inglese alla velocità della luce, farò la ballerina al Le Quai.”

“Mamma, ma tu sei piatta.”

Lo dicono tutte e due quasi all’unisono.

“Però mi muovo bene.”

E prima che possano mettermi in ulteriore imbarazzo — davanti al loro padre — elencando altre differenze tra le ballerine e me, Mingo e ‘l’amici sua’ cominciano a esibirsi. Il rullo di tamburi, ci mette tutti sull’attenti. Emma e Carola, ormai entrare a far parte del team, vengono chiamate dai ragazzi per reggere una corda da due estremità, alzano le braccia più che possono e fissano l’altezza che Mingo dovrà superare con un salto: la tensione è altissima. Io e Giaco rimaniamo seduti, lo vediamo prendere la rincorsa e spiccare il volo: una piroetta, un balzo, l’applauso generale. Lo spettacolo è sempre lo stesso, ma è la nostra serata a non essere come le altre: domani partiamo e dobbiamo salutare. Raggiungiamo le bimbe in strada e promettiamo di rivederci l’anno prossimo, ma Carola piange tutte le lacrime che ha in corpo: sembra me quando muore Marley in ‘Io e Marley.’ Anche Mingo le dice ciao con gli occhi lucidi, le dà un bacio sulla fronte e si allontana. Torniamo a tavola, cercando di consolarla, ma è la Mrs. Doubfire del porto a restituirle il sorriso. Una copia fedelissima all’originale: stessi vestiti, stessi occhiali, stessa parrucca. È identica. Se non fosse che viaggia a bordo di una motoretta velocissima, mi verrebbe da rincorrerla per fargli una foto: dove lo trovo un altro pazzo che si veste così? E mentre giunge l’ora di chiedere il conto, una coppia di signori anziani si avvicina a uno degli yacht più belli: La Gazzella. Le luci della barca sono i loro riflettori, sono stelle di Hollywood. Si tengono per mano, si guardano e da dietro quegli occhiali da vista  — uno è presbite, l’altra miope — riesco a vedere i loro sguardi. Forse non sono carichi di passione ardente, ma sanno che significa avere una forte intesa. Mi volto verso Giaco, anche lui li sta osservando: sta pensando, lo so.

“Enri, se quelli fossimo noi tra qualche anno?” mi chiede sorridendo.

“Ti dirò: invecchiando, mi vedrei meglio con uno stile più rock di quello della signora, ma per il resto, direi che non è male come prospettiva.”

 

 

AND GOD CREATED WOMAN (TOO MANY LIKES)…and not the Brigitte Bardot movie

Had, in the mid-1950s, Brigitte Bardot not accepted a role in a movie in Saint Tropez, the tiny corner of paradise that is famous around the entire world, would have remained an unknown fishing village: events, people often change the course of history, and without knowing it, that history becomes part of your own history. There were many such incidents during my holiday in Saint Tropez, and, as often happens during the end credit of films, depending on the whim of the director, my characters are listed in order of appearance.

Sylvie, the hotel customer care manager, is the person in charge of making sure every holiday goes smoothly. Blonde, charming, perfect look, polite demeanor, impeccable English: I would avoid her like the plague. In my next life I’ve already made up my mind that I’ll live in London for a year to master the language, yet in this life I live with the belief of being able to speak the English language at the supersonic speed with which I speak Italian, but, as I can’t manage speaking English that quickly, as soon as Sylvie asks me a few routine questions, I fall into a blind panic. I start concentrating on the correct ED sounds at the end of words, on the S sounds, on verb tenses, on nouns, pronouns and usually, I produce embarrassing combinations that my sense of decency stops me from writing down here. It’s better I go out, take the car and get to the beach, where there is nothing out of the ordinary that can be asked of me. Our favorite is the Club 55 in Ramatuelle. It could be because of its elegant simplicity, because of its relaxed mood, for its intoxicating scent of Pittosporum, but I think it’s more a question of the young guys in charge of the valet parking for the customers cars: in comparison, the California Dream Men are nothing. The problem is they look like they’re all in love with Giaco, they get excited when they spot him, they kind of shout his name out and they approach him even before he enters the parking area, they take possession of the car while he’s still queuing, and they give him a high five. Me, Emma and Carola… we aren’t even noticed. And, on top of all that, Giaco has his admirers on the beach too. John introduces himself with an ‘All around the world’ by Lisa Stansfield, first comes the music, then a mass of soap bubbles and finally him: a black guy, he boasts about his massage skills. He’s trying to talk Giaco into having a massage using his catchphrase: ‘Are you ready, daddy?’, but he hasn’t given up trying yet… not so far anyway. In Saint Tropez everything is magical, in fact, there are plenty of magicians. They perform in restaurants, they keep us company between the dessert and the coffee… and we have two of them: one is incredible, the other is not. In order not to ruin the second magicians’ career, I’ll avoid calling them by their names. I’ll pick a name at random for both, give them the name of a playing card: one is the King of Hearts while the second is the two of Spades. The first makes a Birkin appear on the table with a snap of his fingers, the second is so fed up with the usual stuff that he shows us the tricks of his trade: he’s revealing all the inside secrets of his job to us. We see him only once, then he disappears: puff. The lady in Lulù — my official beachwear shop — this year, has instead, not shown up at all, she’s an elderly woman: hope everything is OK. And despite many shops giving us ample opportunity to meet lots of nice people, it was the restaurants that provided the most interesting characters. Emma lives on tennis and sushi, Carola on ballet and carbohydrates. Finding the right compromise to dine out and take them both along tends to be impossible, but in Saint Tropez it’s not: the solution is Le Quai. A sushi restaurant on the harbor that also hosts shows with dancers. I’m the only one having to suffer here: the dancers are 25 years younger than me, have charming décolleté and derrieres that seem to be pushed up by a jet of compressed air.

“Dad, have you seen how beautiful that redhead dancer is? She dances like Beyoncé!”

It’s me against everyone else.

But what saves me from all this scheming is Senequier, my favourite restaurant. It’s on the road to the harbour too, the first restaurant along a row of restaurants with neon signs that light up the right side of the road, stealing the scene from the breathtaking yachts moored opposite. People walk by and I watch them: I like to think they can suggest something to me, a shadow, a gesture, a reaction and they’re all curious. It seems they don’t know where to look, whether towards the boats, or at the customers sitting at the tables or towards the Capoeira who is about to start a performance. And tonight, sitting on this red chair, that resembles a throne, I can enjoy the entire spectacle. At Senequier the food is great, but I come here only because of Jean-Robert De la Cruz, the manager, the French version of Julian in American Gigolò — but thirty years older, even if he does carry his age well. You only need to look into his eyes once to understand what sort of impression you have made on him, and, the most common look seems to be: ‘I’m sorry, I am who I am, and you are a f***ing nobody’. Basically, the Tropezienne version of the Marquise of Grillo, but gentler and more refined. He’s the one who looks after Karl Lagerfeld, who every evening, at the same time, comes and sits here to eat an ice cream. Here he is, just coming in. I’m sitting some distance away, but I can see him taking his seat: he’s with someone else tonight, he’s not with Brad Kroenig or his sons, he’s with Baptiste Giabiconi, one of his favourite models. Emma and Carola are attracted to Karl, it’s more like intellectual curiosity than indiscretion, they are studying him. Just a few discrete looks every now and then, so as not to draw too much attention to themselves, while they make comments about his appearance:

“He looks nicer with a beard, he’s more mysterious.” says Carola.

“He always wears sunglasses, including in the evenings: Karl is always mysterious,” Emma points out.

“What did you say was the name of the guy with him?” Giaco asks.

“Baptiste”.

“Mum, did you know that Karl has just let him taste his ice cream?”

Carola tells me in amazement, as if touched by the gesture. I can’t turn around to look: he would notice, and if part of me is happy that I’ve my back turned to him, the other part is sorry at having missed out on such an epic scene. The scene where one of the pillars of the fashion industry feeds one of his protégées, like a child.

“You must have imagined it,” I say sharply, in a bid to change the subject.

Carola has already forgotten Karl, Baptiste and even the ice cream: Mingo has arrived, and now she only has eyes for him. Mingo is ‘the boss of the Capoeira’. He’s got this amazing physique, such sweet eyes and a smile that melts the heart. Carola has officially proclaimed him as the most handsome guy in Saint Tropez — Para Você, Para Você.

“He’s even better looking than Justin Bieber,” she cries out as she sees him approach. I’d love to say something like: ‘Dad’s even better looking’ but I’d sound ridiculous, I’m better off shifting the attention onto something else.

“In another life,” I say out loud, “the one that I’ll live once I’ve learnt to speak English at the speed of light, I’ll be a dancer in Le Quai”.

“Mum you are flat-chested.”

They all cry out in unison.

“Yeah, but I can move well”.

Before they can embarrass me even more — in front of their dad — then roll off a list of differences between me and the dancers, Mingo and ‘his friends’ begin their performance. A drum roll makes us all sit up. Emma and Carola, by now part of the team, are called by the guys to hold a rope and lift their arms up as high as possible to set the height for Mingo to jump over: you can sense the tension in the air. Giaco and I remain seated as we watch him take a run-up and take flight: a pirouette, a leap and then applause from the audience. The show is always the same, but our evening out tonight is different: we are leaving tomorrow and must say goodbye. We catch up with the girls on the street and we promise we’ll meet again next year, but Carola cries her eyes out: she looks like me when Marley dies in ‘Marley and me’. It even looks like Mingo has something glistening in his eyes when he says goodbye, kisses her on the forehead and walks away. We return to our table and try to cheer her up, but it’s the Mrs. Doubtfire of the harbour that brings the smile back to her face. An extremely faithful copy of the original: same clothes, same glasses, same wig. She’s identical. If it wasn’t for the fact that she was zipping along on a moped, I’d have run after her to take a photo: where on Earth could I find another person as crazy who dresses the same way?And when it’s time to ask for the bill, an elderly couple are walking towards one of the prettiest yachts in the harbour: La Gazzella. The lights of the boat are their spotlights, they are Hollywood stars. They hold hands, they look at each other and from behind their glasses – one is long-sighted, the other short-sighted – I can see their gaze. Perhaps they aren’t full of burning passion, but they know what it means to have a strong understanding. I turn to Giaco, he’s also watching them: he’s thinking, I know.

“Enri, can you picture us like that in a few years?” he asks, with a smile.

“I tell you what: in my old age I can see myself with a much rockier style than that particular lady, everything else though, isn’t too bad”.

 

Illustrazione: Valeria Terranova