ra l’anno della pubblicità del Parmacotto, l’anno in cui imitavo Christian De Sica meglio di chiunque altro. L’anno in cui avevo deciso di esibirmi come cantante alla festa della scuola — su un camion di trasporti e logistica che aveva trovato un modo insolito di farsi pubblicità. Invece del solito ‘impara l’arte e mettila da parte’, meglio ‘impara l’arte e portala con te’: sullo slogan, niente da dire.
Non sarebbero mancati i microfoni, le casse, il fumo artificiale, tutti lo avrebbero preso per un vero palcoscenico. E di fronte alla mia performance, in cui avrei cantato Zombie dei Cranberries, il pubblico non solo si sarebbe dimenticato del camion, ma si sarebbe addirittura alzato in piedi per applaudirmi, gridando: È nata una stella!
Il talento che credo di possedere mi convince a presentarmi a una sorta di audizione che si tiene nel pomeriggio, dopo la scuola, in una delle classi del seminterrato. Qualcuno è già arrivato e sta cantando al cospetto di un ragazzo dal viso simpatico che suona la chitarra accompagnando la voce. Lo saluto, mi siedo e aspetto il mio turno.
Quando tocca a me, al ‘What’s in your head’, lui smette di suonare e sorride. A confermare che le mie non sono solo le fantasie di una teenager cresciuta a pane e Non è la Rai, è quella frase, che da cantante mancata, non scorderò mai: “Ho i brividi.”
Enrico sta parlando di brividi emozionali, della classica pelle d’oca. Sta dicendo che la mia voce lo ha colpito. Arrossisco imbarazzata, ma sono così felice: ha riconosciuto il mio talento e presto mi esibirò al Festivalbar con i capelli cotonati, vestita come Barbie Rockstar.
E invece, il giorno della festa, la mia canzone se la prende un’altra e io, per non ritrovarmi giù dal camion, mi metto a cantare ‘Gente come noi’ di Ivana Spagna.
Così è la vita. Ma poi lei stona, io no. La faccio bene e a fine esibizione ricevo anche un mazzo di fiori. E un biglietto. “Ogni artista che si rispetti riceve sempre un mazzo di fiori, il giorno del suo debutto.”
Per rimanere in ambito musicale, citando Celentano: ‘Lui non era ancora il mio ragazzo è già soffriva per me.’
I fiori e il biglietto sono di Giaco.
Illustrazione: Valeria Terranova