I
l tragitto in auto è stato interminabile.
Non riesco a parlare in presenza di un tassista che ascolta i fatti miei, e con vent’anni di arretrati, è un po’ difficile capire da dove iniziare.
Ma l’imbarazzo del silenzio, dettato dalle circostanze, è niente, ora che sono di fronte al ristorante che Paolo ha scelto: è la stessa baita in cui ho pranzato oggi con Michele.
L’idea di sedere accanto alla famiglia rumorosa — due volte nello stesso giorno — me ne suggerisce una migliore: lasciarmi rotolare a peso morto, giù per la discesa.
La salivazione è azzerata, eppure deglutisco, nella speranza che quello strano cocktail di emozioni, che quasi mi impedisce di entrare, scivoli giù per essere digerito. Guardo l’orologio: sono...