N
on ricordo tutto del mio esame di maturità, ma i fatti salienti, i più importanti, che segnarono la mia sorte, sono limpidi, cristallini. I presupposti lasciavano un po’ a desiderare, il mio prof di italiano mi detestava, e in classe, aveva preso l’abitudine di chiamarmi con un nome diverso, un nome, che a suo avviso, mi rappresentava di più: per lui ero Wanda Osiris. Non avevo i suoi capelli ossigenati, non indossavo i tacchi, le paillettes, le piume e le rose che la tramutarono in leggenda, ma rivedeva in me il suo spirito da palcoscenico, la sua leggerezza, la sua generosità, la sua spensieratezza. Credo fosse il suo modo carino di dirmi che avevo la testa tra le nuvole, e...