vederlo da fuori sembra un tempio buddista. Sarà per la struttura imponente, per i balconi dipinti di rosso, per la grande insegna blu che mi dà il benvenuto, ma francamente non so dire perché mi trovo qui. E non so nemmeno chi siano le persone sedute accanto me, a questo tavolo rettangolare circondato da sgabelli con lo schienale di colore azzurro, su cui è impressa una scritta arancio a lettere maiuscole: HACK.
Il brusio delle voci, carico di eccitazione, non solo mi contagia, ma mi fa pensare che stia succedendo qualcosa di grosso. Se non fosse per il quadro pieno di fiori che ho di fronte, che trasmette un senso di pace, forse sarei già fuggita.
Realizzo di aver avuto una buona intuizione, quando vedo entrare un ragazzo che mi pare di conoscere, che prende posto sulla seduta al centro della stanza: il bisbiglìo generale si placa, lui inizia a parlare.
“Ragazzi: oggi siamo qui per discutere di un caso umano. Dobbiamo renderci utili e sostenere chi è capace di far sorridere, in un momento storico e politico come questo: l’umanità ne ha bisogno.”
Qualcuno ascolta, qualcun altro prende appunti, io nascondo il telefono sotto il block notes.
“Enrica Alessi ha aperto la sua pagina Facebook qualche tempo fa, e da un paio d’anni, ha iniziato a scrivere romanzi a puntate.”
Che mi venga un colpo! Mi legge anche lui?
“L’ultimo, Not For Fashion Victim, è arrivato a sessantaquattro episodi e il suo caldo pubblico — prettamente femminile — la incoraggia a continuare. Di lei dicono che sappia mettere di buon umore, che entri nel cuore delle persone e seppure abbia uno stile innato e un guardaroba simile a quello di Iris Apfel, per lei la moda è solo un accessorio: lei ama scrivere.
È una mosca bianca, in Italia non c’è nessuna come lei, e mi è addirittura giunta voce che dia la possibilità alle sue lettrici/scrittrici di usare la pagina per pubblicare i loro testi, incoraggiandole a coltivare la loro passione. Crede nella solidarietà femminile: sostiene che il mondo sarebbe meraviglioso, se tutte si sentissero realizzate, e per essere coerente con se stessa e con l’idea che si è fatta della donna, ha scritto un libro. Un romanzo che fa il verso a prêt-à-porter, con cui tenta di spiegare che essere donne è una priorità su tutto — anche sui figli.
Una donna che si gratifica compiacendo i suoi desideri, è una donna felice e rende felice chi le sta intorno, a qualsiasi età.”
Il suo tono solenne sta quasi per commuovermi.
“Ed è per questa ragione che è stata invitata nelle scuole a presentare il suo Prêt-à-bébé — il libro si chiama così — per chiarire a tutte le adolescenti, spesso vittime di bullismo, che avere cura del proprio aspetto è una forma di rispetto nei confronti di se stessi, e che la bellezza interiore e quella esteriore non sono concetti distinti, ma complementari: le facce della stessa medaglia.
A fronte di tutto ciò, siccome mancano solo due mesi a Natale, io, Mark Elliot Zuckerberg, presidente e amministratore delegato della Facebook Inc., ho deciso che sosterrò personalmente il lavoro costante di questa donna a sostegno delle donne, con una campagna targetizzata che trasformerà il suo lavoro editoriale in un best seller…”
Ma proprio mentre sto per alzarmi dallo sgabello color Tiffany per fare un applauso, il ragazzo seduto accanto a me lo interrompe.
“Ma se ha già il suo pubblico di lettrici che la sostiene, perché dovremmo essere noi ad aiutarla?”
Avrei voglia di dargli una gomitata.
“Dustin, la tua domanda è pertinente…”
Avrei detto che è fuori luogo, ma se lo dice lui, sentiamo perché.
“Solo una piccola percentuale del suo pubblico è corso in libreria ad accaparrarsi il libro; la restante percentuale è affezionata ai suoi romanzi a puntate, e seppure di tanto in tanto, Enrica li interrompa per aumentare la suspense, ci sono persone che le scrivono in privato per chiedere quando riprenderà la storia di Eva.”
Mark Zuckerberg legge la mia posta privata? Questo è un colpo basso.
Mi metto a elaborare mentalmente una lettera di reclamo, quando la ragazza bionda, seduta di fronte a me interviene.
“Chi è Eva?”
“L’ex moglie di un calciatore.” risponde la bruna che le sta accanto.
“E sono le stesse persone che non hanno ancora letto il libro…” conclude Mark bisbigliando.
“Ma è assurdo! I lettori online si privano del piacere di leggerne uno di carta, tutto d’un fiato?”
“Pare di sì Dustin. Probabilmente credono che sia un libro per sole mamme, non immaginano che lo stile narrativo sia lo stesso e che la storia in questione — seppure autobiografica — sia carica di colpi di scena.”
“Un pubblico fidelizzato dovrebbe sostenere il lavoro di un’autrice che apprezza…” aggiunge la ragazza bruna.
“E invece non è così: il pubblico social non è lo stesso delle librerie.”
Ho già sentito questa frase, ora che ci penso, deve averla pronunciata la fata del Bidibiboditipubblico. E io le ho pure detto che si sbagliava, ribadendo che i miei lettori non sono come tutti gli altri.
“Come si chiama la pagina?” chiede la bionda.
Mark la guarda con rimprovero.
“Allora, che ne pensate? Vogliamo aiutare questa donna a sostegno delle donne, con una campagna natalizia che trasformi la sua fatica editoriale in un successo?”
Avrei voglia di alzarmi e gridare ‘per me è sì’, ma la battuta che gli sento pronunciare un secondo più tardi, tarpa le ali al mio entusiasmo.
“Sappiamo bene cosa succede a un autore, quando non raggiunge un buon numero di persone, vero?”
“Non le faranno pubblicare altri libri…”
mormora la bruna. E un po’ mi dispiace che mi abbia preceduto: stavo per dirlo io.
“Cos’è questo trillo? Chi di voi ha lasciato il telefono acceso?” sbotta Mark. “Ho detto: chi di voi non ha tolto la suoneria al cellulare, durante questa importantissima discussione?”
“Io, sono stata io! È la mia sveglia Signor Zuckerberg: devo portare le bimbe a scuola. Ma lei continui pure, anzi, se davvero mi aiutasse a far diventare il mio romanzo un best seller, anche Giaco Le sarebbe infinitamente grato. Ora, vogliate scusarmi, ma è ora di alzarsi.”
Illustrazione: Valeria Terranova