stato un weekend lungo e noioso.
Cassandra non si è fatta viva e Jerôme continua a non rispondere, ma mi avrebbe stupito il contrario. Quello che non mi spiego, invece, è perché abbia passato l’intero fine settimana a controllare il telefono, aspettando che Diet Coke mi chiamasse.
A volte, ho come l’impressione di avere un radar, che intercetta tutti gli uomini sbagliati nel mio raggio d’azione, ma il mio deve essere difettoso: invece di segnalarmi il pericolo per evitarlo, riesce sempre a farmi sbattere contro uno di loro.
Ho visto quel tipo una volta soltanto e già lo detesto: se non lo avessi incontrato, il cappotto non sarebbe in lavanderia e ora, avrei ancora la mia fedele compagna.
Okay, ammetto che Britney ha fatto la sua parte e anch’io non sarei assolta dal tribunale dell’amicizia, ma in tutto questo, trovo assurdo che Cassandra non voglia concedermi uno sconto di pena.
Ho combinato un casino, lo so, ma ho fatto tutto questo per seguire il suo consiglio. E ora? A nessuno frega più niente dei miei cambiamenti? Sono solo io a vedermi diversa?
Non avrei mai immaginato di comprare un paio di décolleté, un tubino bicolore e di spendere per entrambi una cifra che non riesco neanche a pronunciare ad alta voce, eppure è successo. E confesso che la tentazione di tornare da Venere è forte.
Cassandra dovrebbe essere orgogliosa di me — cappotto a parte — e invece, decide di assegnare a Britney l’intera organizzazione del suo addio nubilato.
Cosa mi resta?
Il grillo parlante che risiede in me, giù in fondo, vicino al pancreas, mi suggerisce di aspettare e so di non avere alternativa: aspettare il perdono di Cassandra, la risposta di Jerôme, la chiamata di Diet Coke — e che Britney scompaia per sempre dalla mia vita.
Nell’attesa, ho deciso di impiegare il mio tempo in modo costruttivo: andando avanti con la lettura della storia di Coco.
Alla fine del 1924, la vita privata del duca di Westminster è sotto i riflettori. Le sue dispute coniugali hanno suscitato un grande scalpore e si vocifera
che la nuova duchessa sarà una francese. Una donna bella e brillante da cui dipendono le sorti di una grande casa di moda parigina: Coco Chanel.
Il duca, alle prese con il secondo divorzio, a causa della sua infedeltà, è conosciuto per il suo fascino, per la sua eleganza e per il suo denaro. È così ricco che nemmeno lui conosce l’esatto ammontare del suo patrimonio, e non gli importa.
Bendor, così soprannominato dal nonno, ha 45 anni, i capelli biondi, gli occhi azzurri e la carnagione abbronzata dal sole. Ha una passione sviscerata per il mare e la Flying Cloud, la nave maestosa dipinta di nero e profilata in oro, ammirata in ogni porto, è la sua preferita.
Nell’ottobre di quell’anno, Coco si trova a Montecarlo con un’amica: Vera Bate, una donna bellissima e molto apprezzata dall’alta società. Gabrielle l’ha “assunta” per farle promuovere le sue creazioni nella Londra che conta, facendole indossare i suoi capi, che sfoggia con grande eleganza: per la maison è una pubblicità vivente. Qualcuno crede addirittura che possa essere la figlia illegittima di un membro della famiglia reale, e non sorprende che tra le sue amicizie ci siano personaggi importanti come il principe di Galles, Winston Churchill e lo stesso duca di Westminster.
Durante una delle sue soste nel porto del principato, Bendor chiede all’amica di recapitare a Coco l’invito per una cena a bordo del suo yacht.
Coco rifiuta. Non è interessata a lui e nemmeno alla sua ricchezza: lei dispone già delle risorse che le consentono di togliersi ogni tipo di capriccio, e le sue scappatelle lo rendono un partito tutt’altro che appetibile. Ma Dimitri, con cui ha conservato un buon rapporto di amicizia, insiste perché accetti: anche lui è curioso di conoscere il duca e l’atmosfera che regna a bordo della sua nave.
Coco accetta, a condizione che il suo amico possa partecipare alla festa.
Bendor non aspetta altro per farsi avanti, ma lei lo respinge. Lui non è abituato
a incontrare resistenza e neanche ad aspettare, ma è il suo corteggiamento a non entusiasmare Chanel.
La riempie di attenzioni: lettere d’amore, fiori, gioielli, ma questa valanga di regali non fa che ricordarle un periodo
della sua vita che ha cercato disperatamente di cancellare, gli anni di Royallieu, in cui gli altri pretendevano di comprarla, mentre lei voleva la sua libertà.
Se cedesse ai suoi corteggiamenti, lui esigerebbe di dettare legge nella sua vita, e lei non può permetterlo. Decide di rilanciare, inviandogli regali dello stesso valore, per fargli capire che non è in vendita. Ma nonostante la sua riluttanza, tutto porta a credere che lui non la consideri un semplice capriccio. Specie per le notizie che Coco legge sui giornali, che la presentano come la futura duchessa di Westminster.
L’atteggiamento di Gabrielle cambia, i suoi pregiudizi svaniscono e una sera, a bordo del Flyng Cloud, finge di non capire che tutti gli invitati se ne sono andati, che lo yacht ha lasciato il porto e che lei è sola con lui.
Inizia così la loro storia d’amore.
Ogni weekend, Coco lascia Parigi per raggiungere Eaton Hall, l’immenso castello del duca. La grande dimora accoglie una sessantina di invitati, che vengono intrattenuti da orchestra, animatori, artisti, giocolieri e prestigiatori. In una di queste serate, Chanel conosce Winston Churchill, allora ministro delle finanze, uno dei migliori amici di Bendor.
Il futuro primo Primo Ministro rimane impressionato dalla sua forte personalità, la descrive come una donna gradevole, competente, sensuale. Una delle più in gamba con cui abbia mai avuto a che fare. Chi non sarebbe infatuato da lei?
Gabrielle viene scambiata per la padrona di casa. È perfettamente a suo agio in questo ruolo: dirige un’azienda di tre mila persone e a Bendor non dispiace trasgredire le regole.
Ma neanche questo le basta: il tempo finisce per sembrare troppo lungo, e in questi fine settimana noiosi, Coco preferisce dedicarsi a lunghe cavalcate nel parco, spesso accompagnata dal duca, che è un eccellente cavallerizzo.
Gabrielle sembra essere destinata ad amare gli uomini che hanno un debole per i cavalli: suo padre, Étienne Balsan, Boy e ora Bendor, chiamato così in onore di un grande purosangue di famiglia.
La sua sete d’indipendenza continua a farsi sentire. Nel 1926, Gabrielle è decisa ad acquistare una proprietà sulla Costa Azzurra, forse per invitare il duca e provare a se stessa e agli altri che non è il genere di donna a cui piace farsi mantenere. E nel 1928, entra in possesso di una villa che sovrasta il mare, circondata da olivi centenari, piante di lavanda e di giacinto, ma decide di demolirla, per farne una residenza estiva che risponda ai suoi gusti.
L’architetto le mostra il progetto e la sola modifica che ritiene necessaria è una grande scalinata in pietra, simile a quella che percorreva da bambina ad Obazine.
Quando gli amici di Coco, incuriositi da questa opera architettonica, le fanno domande in merito, lei risponde che è la copia esatta di una scala di un’abbazia, in cui aveva trascorso le vacanze. Non fa nessun accenno all’orfanotrofio: la dimostrazione della sua volontà ostinata di far scomparire quel periodo per lei tanto doloroso.
La villa è disposta in modo che gli invitati possano godere di una totale libertà.
È il luogo più riposante e confortevole in cui abbia mai soggiornato, che decide di battezzare con il nome ‘La Pausa’.
Ha addirittura predisposto uno spazio per il duca e l’amico Winston, in cui possano dedicarsi all’acquarello: la forma artistica a cui sembrano interessati al momento, ma quel posto magnifico, pensato per trascorrervi ore deliziose, ben presto, diventa il luogo di discussioni furibonde, dove le porte che sbattono sono all’ordine del giorno.
Entrambi gli amanti non hanno un carattere facile. Gabrielle possiede un’abile capacità nello scoprire ciò che ferisce gli altri, e il duca, volubile e infedele, è incapace di resistere alle tentazioni.
In ognuno dei suoi scali marittimi, non perde occasione di invitare a cena, oltre a un certo numero di personalità, qualche bella donna, a cui chiede di rimanere per il resto della crociera, sapendo che, poco più in là, potrà farla sbarcare carica di attenzioni e di gioielli.
Ma durante uno dei viaggi sulla Flyng Cloud, il duca agisce in questo modo, anche se Gabrielle è a bordo.
Dopo aver lasciato a terra la sua ultima conquista, Bendor, certo di aver scatenato l’ira di Coco, prende la precauzione di procurarsi un prezioso smeraldo, ignorando che questa è la strategia peggiore, se si parla di Chanel.
Appena riceve il gioiello, lei lo estrae dal cofanetto, lo guarda e senza dire una parola, lo getta nelle acque sporche del porto.
Nonostante tutto, Bendor, che nel frattempo ha ottenuto il divorzio dalla sua seconda moglie, è realmente intezionato a sposare Chanel. Certo, non appartiene alla vera nobiltà, ma infrangere i vecchi principi dell’epoca vittoriana a lui non dispiace. Lei rappresenta una fonte inesauribile di inventiva e di vitalità, una donna del suo tempo, e soprattutto, lui ha bisogno di un erede maschio a cui trasmettere il suo nome e i suoi beni.
Dalle sue due precedenti unioni sono nate due figlie femmine, e l’unico maschio che ha avuto, è morto a quattro anni, in seguito a un attacco di appendicite.
Gabrielle, dal canto suo, sa bene cosa implicherebbe questa unione: dovrebbe rinunciare alla sua impresa, diventata ormai un impero, e abbandonare l’ambiente di scrittori e artisti, di cui si è circondata, e che costituisce la sua vera famiglia. Se diventasse la castellana di Eaton Hall, un abisso la separerebbe da loro. Gabrielle, però, non ha abbandonato la voglia di avere un figlio. Consulta medici, ostetriche e si sottopone a dolorosi esercizi fisici, ma ha quarantacinque anni e deve rassegnarsi alla sterilità.
Il suo rancore nei confronti dell’uomo che ha risvegliato in lei quelle speranze di maternità e l’infedeltà cronica di Bendor diventano le cause della loro definitiva rottura. E così, nel 1930, senza troppo entusiasmo, il duca prende moglie, presentandola prima a Coco, in cerca della sua benedizione.
Le relazioni tra i due ex amanti restano apparentemente amichevoli, ogni volta che il duca passa da Parigi va a trovarla, ma si sente un po’ offeso: lei non sembra soffrire della loro separazione, gli pare addirittura più a suo agio, più rilassata. E non può essere altrimenti: lei, ora, sa di non dover abbandonare la sua azienda, la sua grande passione, e nemmeno quell’ambiente artistico che le procura tante gioie.
È evidente che trovare un marito non era facile nemmeno per Coco. Questo dovrebbe suggerirmi di smetterla di pensare agli uomini: sono un’inutile perdita di tempo, il lavoro, invece, riesce sempre a farmi sentire realizzata. Ed è lì che sto andando, truccata, pettinata e vestita come a Coco piacerebbe.
Arrivo alla clinica e sulla porta, vedo Britney che mi aspetta, sventolando la mano, in segno di saluto. È stranamente felice.
Varco la soglia e lei non sembra aspettare altro.
“Hai un momento? C’è una questione urgente di cui vorrei parlarti.”
Spero che stia per dirmi che ha deciso di lasciare il paese per trasferirsi su Marte.
“Certo.” dico, cercando di mantenere un minimo di cordialità: siamo quasi ‘parenti’.
Le faccio strada verso il mio ambulatorio, entriamo e chiude la porta. Prendo tempo, mi tolgo la giacca, infilo il camice, ma non so cosa aspettarmi: mi sembra elettrizzata.
“Di cosa volevi parlarmi?” le chiedo, mentre mi siedo di fronte a lei.
“Vedi, ho passato l’intero weekend, pensando alle possibili opzioni di addio al nubilato, ma siccome Cassandra è la tua migliore amica, forse, potresti aiutarmi a decidere.”
Immaginarla con carta e penna, mentre stende il piano di battaglia, di cui io avrei dovuto occuparmi, è fastidioso, ma sentirla chiedere il mio aiuto è anche peggio.
“Cristina: stiamo lavorando, non mi sembra né luogo, né il momento di discutere di certe cose.”
“Ho controllato l’agenda, il primo paziente sarà qui tra un’ora…”
Non ho via d’uscita. La sua voce stridula punge il mio sistema nervoso come uno spillo e anche lo stomaco fa i capricci: mi verrà un ulcera a causa sua.
“Quindi?” chiedo esasperata.
I suoi occhi si illuminano, pare che abbiano trovato una fessura in cui insinuarsi e riparte all’attacco:
“Quando ho convinto Cassandra a occuparmi di tutto, non immaginavo che i tempi si sarebbe accorciati e ora…”
“Hai chiesto tu a Cassandra di organizzare la festa?” la interrompo.
La sua espressione imbarazzata mi fa capire che le è sfuggita una confessione involontaria.
Se è stata lei a offrirsi, si spiega tutto: Cassandra non mi ha tagliato fuori dalla sua vita, è solo stata costretta dal soggetto psicolabile che mi siede di fronte.
“Be’, sì, ho immaginato che non avessi tempo per queste sciocchezze, che fossi troppo presa dal lavoro, quindi mi sono offerta di farlo al posto tuo.”
La sua faccia è quella di chi si aspetta comprensione, la mia, invece, è quella di Clint Eastwood in Gunny: cattiva, arrabbiata e stanca.
“Se hai preferito agire in autonomia, pensando che non potessi occuparmene, sono sicura che riuscirai a fare tutto anche senza il mio aiuto.” dico secca.
“Ma non c’è abbastanza tempo…”
Cassandra si sposerà tra un anno: a questo punto, mi domando cosa avesse in mente: il giro del mondo in ottanta giorni?
“Non è un problema mio.” la interrompo di nuovo. “E ora, se non hai niente da fare, puoi pulire le gabbie dei pazienti.”
Adesso è lei a guardarmi con uno sguardo pieno di umiliazione e di vendetta.
“Certo.” dice alzandosi. “Perché no?”
Esce, sbatte la porta e io non saprei dire come mi sento. Arrabbiata? Felice? Direi un cinquanta e cinquanta. Ma credo sia la gioia a prevalere: forse ho perso la direzione artistica della festa più importante, ma ora, so che non è stata Cassandra a sollevarmi dall’incarico, mi è stato solo soffiato da Britney, che crede di essere Enzo Miccio al femminile.
Devo chiamare Cassandra, voglio dirle che so tutto, che non sono più arrabbiata con lei, che non mi importa un bel niente di quello stupido addio al nubilato — anche se non è vero — e voglio abbracciarla per farle capire che ho sbagliato: che non si ripeterà più.
E mentre afferro la borsa per prendere il telefono e portare a termine la missione ‘salviamo un’amicizia’, vedo la chiamata di Amelia.
“Pronto? rispondo trafelata.
“Ciao combina guai.”
La sua frase di apertura mi fa pensare che lei e Cassandra abbiano continuato a parlare di me e del mio disastro, dopo averle lasciate sole, ma non importa, ora voglio solo che Amelia — che fa rima con camelia — mi dia una buona notizia.
“Buongiorno! Che piacere sentirla… la prego: mi dica che ha risolto, che l’odore terribile è sparito…”
“Hai un angelo che ti guarda lassù: il cappotto è pronto e non vede l’ora di tornare dalla sua legittima proprietaria.”
Questa frecciatina poteva evitarla, ma sono in modalità felicità, non voglio rovinarmi lo spirito.
“Lei è un angelo. Passerò in serata. Grazie.”
Ho ancora il telefono tra le mani: penso a Cassandra e a quanto sono felice che il suo cappotto sia salvo.
Se ora le telefonassi e le dicessi ciò che provo via cavo, rovinerei un potenziale finale da favola. So come lo voglio e lo immagino così:
Cassandra è sul divano, è appena rientrata dal lavoro: lo capisco dalla macchina parcheggiata in giardino e dalla luce accesa in soggiorno. Prendo il cappotto dall’auto, raggiungo la porta di casa ed entro.
Max prende la rincorsa per essere ‘carino e coccoloso’ a modo suo. Ma il mio sguardo accecante lo blocca: lo mette in pausa. Poi, mi inchino ai piedi di Cassandra, le rendo il cappotto e le chiedo scusa, picchiandomi la fronte sulle sue ginocchia.
Nella scena successiva ci occuperemo di Britney, ma ora, mi è venuta un’idea.
Ho solo bisogno del suo aiuto:
“Caro Jerôme: questa volta, devi starmi a sentire…”
TREDICESIMO EPISODIO
Illustrazione: Valeria Terranova