olf, colf, colf… come la trovo?
Abbandono il cappotto sul divano, le scarpe vicino alla porta e mi dirigo decisa al centro del salone, Olivia mi segue incuriosita, forse anche stavolta ha captato l’eccitazione che c’è nell’aria.
Prendo posto alla mia scrivania — in realtà è lo scrittoio della nonna che ha sempre avuto la funzione di oggetto d’arredo, ma ora ho ripristinato il suo ruolo originale — mi piace lavorare qui, ho una bellissima vista sul giardino.
Apro il computer, inserisco la password e appena compare il logo di Safari, mi precipito su Google. Dunque vediamo: Torino è una grande città. Deve pur esserci un’agenzia di professionisti. Digito: ‘agenzia colf referenziate Torino’. Do un’occhiata alle prime quattro voci, la seconda è quella che mi attira di più. Clicco sul link e si apre il cancello della città di Eldorado. Sfondo bianco, pannelli neri e un elegante corsivo che invita a leggere.
“La 24 Carat Colf Company è l’agenzia che serve clienti di alto profilo aiutandoli a scegliere la Colf adatta a ogni tipo di esigenza.
Il nostro staff suddivide le nostre operatrici in base agli anni di esperienza e alle qualifiche ottenute nel corso della carriera professionale.
Le nostre colf si occupano principalmente della casa, delle pulizie quotidiane e di quelle più profonde. Dopo che il datore di lavoro ha lasciato le istruzioni principali, la gestione della casa procede in completa autonomia. Se richiesto, è prevista la capacità di svolgere mansioni di cucina di base ed elaborata.
Le nostre 24 Carat Colf gestiscono, inoltre, il guardaroba della famiglia e la biancheria della casa, occupandosi sia del lavaggio dei capi, che dello stiro.”
Ecco dove ho sbagliato: non mi serve una Doubtfire, ma una Colf 24 carati.
“INIZIA ADESSO LA SELEZIONE DELLA TUA COLF QUALIFICATA E REFERENZIATA
CLICCA QUI
Oppure chiamaci allo: 011 57576765.”
Ho già il telefono in mano, sono in fibrillazione. Compongo il numero e aspetto incrociando le dita.
Tre squilli, L’Ave Maria di Schubert e un messaggio registrato.
“Risponde la 24 Carat Colf Company, i nostri operatori sono momentaneamente occupati, La preghiamo di attendere in linea per non perdere la priorità acquisita. Uno dei nostri operatori le risponderà il più velocemente possibile.”
C’è addirittura il rischio di perdere la priorità acquisita? E se avessero esaurito tutte le colf 24 carati? E lì, mentre mi auguro di no, qualcuno risponde: è una donna.
“Buongiorno sono Marilù, come posso aiutarLa?”
Dal suo accento si intuisce che non è italiana, eppure parla la mia lingua correttamente.
“Buongiorno a Lei, mi chiamo Eva Galassi e avrei necessità di una Vostra Colf.”
“In quale zona?”
“Abito in centro, in Via Lagrange.”
“In pieno centro.” mormora.
Non capisco se sia un bene o un male.
“Ne avreste una a disposizione?”
La disperazione che lascio trapelare con la mia domanda dovrebbe indurla a dire qualcosa, invece rimane in silenzio.
“Pronto?” chiedo per accertarmi che non mi abbia abbandonato.
“Sì signora Galazzi… sto verificando e direi di avere…” Quei puntini di sospensione mi stanno uccidendo. “Credo di avere una 24 Carat Colf, disponibile tra una settimana.”
Non posso crederci. La fortuna mi sorride.
“Si chiama Maria ed è molto referenziata, la sua tariffa e tra le più alte in agenzia, ma posso garantirLe che non se ne pentirà.”
Ogni cosa vale il prezzo che il compratore è disposto a pagare per averla, ma l’uomo che sta annegando non chiede quanto costa la corda.
“Maria ha trentotto anni, oltre a gestire la casa in maniera impeccabile, si occupa di lavare e stirare il bucato ed è un’ottima cuoca.”
Okay, la fortuna mi sorride, ma per i miei canoni sta filando tutto troppo liscio, dov’è la fregatura?
“Marilù, ho solo una curiosità e Lei forse può aiutarmi: se è così brava e referenziata, come mai è disponibile?”
“La signora da cui ha lavorato per cinque anni è morta quattro giorni fa.”
Dio come mi sento cinica! Mi vergogno di me stessa, del mio poco garbo e della mia mancanza di fiducia del genere umano.
“Mi dispiace moltissimo.” mormoro mortificata.
“Non si preoccupi, succede… è la vita.”
Se lo dice lei, andiamo avanti.
“Le chiedo se fosse possibile avere disponibilità già questa settimana, confesso che sono un po’ in difficoltà.”
“Posso chiedere a Maria e farLe sapere…”
“Sarebbe gentilissima.”
“Può attendere in linea?”
“Sì certo.”
Ricomincia l’Ave Maria di Schubert e il messaggio registrato che mi mantiene sveglia durante i tre minuti di attesa.
“Signora Galazzi?”
“Ehm, sì Galassi, mi dica…”
“Maria potrebbe venire domattina per vedere la casa e se raggiungerete un accordo…”
“Sarebbe fantastico.” esulto soddisfatta. “La ringrazi moltissimo da parte mia.”
“Sarà un piacere. Se ora vuole lasciarmi un numero di cellulare, sarà mia premura metterla in contatto diretto con Maria.”
Non ricordo dove l’ho letto, ma Isabella Rossellini raccontava che la sua mamma, la famosa attrice di Casablanca, non avrebbe potuto vivere senza recitare. Ingrid Bergman non si sarebbe mai dedicata alla sua professione se non avesse avuto Ermentrude. La tata/governante che si occupava dei figli e della casa, durante la sua assenza.
Questa cosa mi ha sempre fatto riflettere: è strano che ci siano persone che per gratificarsi professionalmente debbano allontanarsi da casa, io sono un esempio, altre invece, pare che trovino quella gratificazione dentro le mura di casa tua. E comunque, alle nove e quarantacinque di questa mattina partita in salita, posso ufficialmente dichiarare di aver trovato la mia colf 24 carati.
Io e Maria ci siamo accordate per domani, le ho anticipato i volumi della casa, la mole di bucato che produciamo e le ho descritto brevemente gli ambienti. Quando mi ha informato che sarebbe disposta a vivere con noi, come faceva dal suo datore di lavoro precedente, ho capito che è stato un bene ‘sacrificare’ la cabina armadio di Davide per ricavare una stanza per gli ospiti.
Maria passerà domani in mattinata, se dovessimo accordarci, prepareremo le pratiche per l’assunzione. Al telefono non ha specificato nessuna tariffa, ma quanto può costare una colf 24 carati, 24 ore su 24? Chissà.
Me no sto lì, seduta allo scrittoio della nonna con il pc aperto davanti a me, e rifletto sul fatto che presto ci sarà qualcuno che si occuperà della casa, che andrà a fare la spesa, che preparerà il pranzo e la cena, che laverà e stirerà al posto mio, e io potrò finalmente dedicarmi al lavoro: pagherei qualsiasi cifra. È troppo bello per essere vero. E se ci fosse davvero la fregatura? Se invece di una compagnia di colf di lusso fosse un’associazione a delinquere? Se fosse una squadra di ladri professionisti che svaligiano le case? Come posso fidarmi?
E lì, mentre immagino Maria che mi colpisce il cranio con un piede di porco, il mio cellulare squilla: se è lei, giuro che non rispondo.
Ma in realtà è molto peggio: è la Lego Friends.
Cosa vuole da me? Scanso il telefono con la mano. Eppure, qualcosa mi dice che rispondere alla ex del tuo ex marito, agli occhi di Dio potrebbe sembrare una buona azione: se mi stesse guardando, potrebbe compiacersi e mandarmi una vera colf 24 carati, invece della Banda Bassotti. Tanto vale tentare, rispondo.
“Sì Andrea.”
“Ciao Eva, ti disturbo?”
Che domanda cretina. Però apprezzo l’educazione.
“No, dimmi pure.” dico gentilmente sentendomi addosso lo sguardo divino.
“Vorrei vederti.”
“Stavo lavorando, ho un po’ di cose da sbrigare…”
“Lo so, lo so.” mi interrompe. “Ma ti prego, devi aiutarmi, devo vederti.” conclude disperata.
“Non mi chiederai di parlare a Davide… perché in quel caso sappi…”
“Posso vederti tra un’ora?” insiste.
Il Signore mi guarda, l’orologio mi fissa: calcolo i tempi e ritengo che tra un’ora potrei riuscirci. “Okay, ci vediamo da me tra un’ora.”
Dopo mezz’ora ho già rifatto i letti, riordinato ogni stanza e passato l’aspirapolvere ovunque. Non credo di avere il tempo di stirare, ma la casa è in ordine e assolutamente pronta a quella che mai avrei definito una ‘visita di cortesia’ che, di fatto, lo è. E non posso fare a meno di chiedermi: fino a che punto può portarti la disperazione? A occhio e croce, direi parecchio in là: la Lego Friends è addirittura arrivata a implorarmi di vedermi.
E poi sono io a domandarmi la cosa più sensata: perché ho accettato?
Conosco la verità, è solo che risulterei cinica se la esprimessi ad alta voce. Appunto, si vive una volta sola: “ho accettato di vederla perché sono curiosa. Sono curiosa di sapere come mi sentirò, quando la donna che ha distrutto la mia vita felice, tornerà da me strisciando.”
Anche Olivia ha rizzato le orecchie al suono di quelle parole di cui pare aver capito il senso, ma sono così assettata di vendetta che mi sembra di sentire l’acquolina in bocca. Come sarebbe divertente se mi chiedesse dei consigli e io la depistassi? Mi sfugge una risata diabolica. A ogni modo, è inutile tergiversare: se dovesse chiedermi di parlare a Davide per mettere una buona parola, le dirò che la loro storia non mi riguarda, che non sono affari miei. Ma ciò non toglie che mai mi priverei del piacere di vederla ai miei piedi: è stato uno dei miei sogni ricorrenti dell’ultimo periodo. In fondo, sono una cinica giustificata — che ora sfrutterà il tempo rimasto per preparare un passato di verdure. Nessuno si ferma mai a pranzo se prepari un passato di verdure, meglio non correre rischi.
Sto entrando in cucina, quando suonano alla porta. Dannazione: questa deve essere lei con un po’ di anticipo. Do un’occhiata in giro per controllare che sia tutto in ordine e mi avvicino al citofono, ma la telecamera mostra un’immagine diversa da quella che mi aspettavo: al di lá del cortile, c’è quello che, una volta, chiamavo Occhi di Cioccolato.
Che diavolo ci fa qui? Avrebbe almeno potuto telefonare invece di presentarsi senza preavviso. Davide sembra cogliere al volo quel suggerimento telepatico: sul display del cellulare che ho in mano, c’è il suo nome.
Nel mio appartamento — ora lindo e rassettato — sta per esplodere una bomba e io non posso fare niente per impedirlo. O forse no: fingerò di essere uscita. L’idea è brillante, ma con la fortuna che mi ritrovo, ci manca solo che quei due si mettano a litigare qui sotto per far parlare tutto il vicinato. Scatenerò l’inferno qui, a casa mia, è meglio. Lo sguardo di Dio che mi ricorda di avere sotto scacco la mia colf, mi convince a fare la seconda buona azione della giornata: chiedo a Davide di entrare.
Nei dieci secondi che gli ci vorranno per arrivare alla porta, mi chiedo con quale probabilità possa incontrare Andrea. Troppe.
E se la avvisassi dicendole che ho avuto un imprevisto? Anche se è vero, so che non mi crederebbe, non mi resta che rassegnarmi.
Mi guardo allo specchio, per qualche strana ragione, provo il desiderio di sentirmi wow, una cosa tipo: se dovesse succedere un casino, voglio essere presentabile. Mi ravvivo i capelli e apro la porta.
Ammetto che anche il mio ex marito è abbastanza wow, ma non mi sembra questo il momento di fare apprezzamenti inutili. Olivia è già volata tra le sue braccia.
“Ciao…” mormoro.
“Ti disturbo? Stavi lavorando?”
“Avrei voluto, ma aspetto una persona.”
Davide chiude la porta alle sue spalle, fa scendere Olivia sul pavimento e mi guarda.
“Paolo?” chiede.
Non saprei descrivere l’enfasi con cui pronuncia il nome dell’uomo che ha preso il suo posto. In quel preciso istante, realizzo, come mai nella vita, che Davide mi amerà per l’eternità. In ogni suo sguardo leggo il rimorso per avermi persa, il rimpianto di aver lasciato andare una storia così bella. E seppure sia finita, anche una parte di me — volente o no — lo amerà per sempre. Ma ora come glielo dico che è la Lego Friends la persona che sto aspettando? Semplice: non glielo dico.
“Non è Paolo… Come mai sei qui?”
A proposito di domande sensate.
“Possiamo sederci?” mi chiede.
“In realtà ho un appuntamento alle dieci.”
Davide guarda l’orologio, poi me.
“Non hai un quarto d’ora?”
È inutile: non si schioda. Vorrei essere sincera e dirgli di no, ma se mi sta chiedendo di sederci, è evidente che ciò che deve dirmi è importante: dovrò starlo a sentire.
È strano fargli strada verso la cucina, questa è sempre stata la nostra casa, eppure gli indico uno sgabello per sedersi, come faccio di solito con gli ospiti e gli offro un caffè.
“Tu come stai?”
Perché mi guarda con quegli occhi dolci?
“Sto bene. Se non ti spiace, metto avanti il pranzo.” dico dirigendomi verso il frigorifero tentando di sfuggire al suo sguardo.
Un sedano, tre zucchine, due carote, una cipolla rossa, un pezzo di zucca: appoggio tutto sul tavolo e lui continua a guardarmi a quel modo. Forse sono troppo Wow.
“Vorrei che uscissimo a cena, soltanto tu e io: devo parlarti di una cosa.”
Sto quasi per affettarmi un dito.
“Prima hai detto che ti sarebbe bastato un quarto d’ora e ora perché mi chiedi di uscire a cena? Una cena dura almeno un’ora, più il tragitto almeno un’altra mezz’ora e tra i saluti e il resto arriviamo a due ore: cosa devi dirmi di così importante?” chiedo spaccando un sedano in due.
Ma prima che Davide possa rispondere, il campanello suona.
L’impatto è inevitabile. Chissà perché, ma sapevo che Andrea sarebbe stata in anticipo. Se non altro, ho evitato la sceneggiata fuori di casa. Davide si alza, non sa cosa fare.
Io so solo che andrò al citofono, il resto lo lascio all’improvvisazione.
CINQUANTUNESIMO EPISODIO
Illustrazione: Valeria Terranova